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Siamo colpevoli di qualcosa che non abbiamo fatto?

Un breve studio sul peccato originale

 

Geoff Volker

 

 

 

Definiamo i termini

 

Quando è stata l’ultima volta che avete letto qualcosa sull’argomento del peccato originale? Questo argomento sembra essere popolare quanto un pugno sul naso, ma perché? Prima di continuare è assolutamente necessario definire esattamente cosa si vuol dire con “peccato originale”. Non voglio dire una descrizione del peccato originale commesso da Adamo. La terminologia teologica che descrive questo argomento, bisogna ammetterlo, è un po’ fuorviante, ma il nostro studio non ha niente a che fare con le specifiche di quel primo peccato commesso da Adamo. Per “peccato originale” si intende le conseguenze che il primo peccato di Adamo ha avuto per tutti noi, tutti gli uomini che provengono da Adamo. 

 

Il locus classicus

 

Dove iniziare? Il locus classicus, ovvero la porzione biblica principale che parla dell’argomento sotto esamina, e che di solito si tratta all’inizio di questo argomento, è Romani 5:12-21. In esso troviamo una descrizione dell’apostolo Paolo del metodo col quale siamo salvati. Per capire appropriatamente in che modo siamo salvati da Gesù Cristo Paolo ci spiega prima come siamo giunti al punto da meritarci la condanna di Dio. 

 

Definire il problema

 

Il primo punto che vogliamo notare si trova alla fine del verso 12. Paolo afferma un argomento che continua fino al verso 18. La fine del verso 12 è peculiare, a prescindere da quale traduzione si usi:

 

“Quindi, come il peccato è entrato nel mondo attraverso un solo uomo, e la morte attraverso il peccato, e in questo modo la morte è giunta a tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” (Rm. 5:12). 

 

Nel leggere questo verso vediamo che è come se Paolo fosse interrotto dai suoi ascoltatori, non letteralmente ovviamente, perché Paolo stava scrivendo questa epistola alla chiesa a Roma, ma nonostante ciò a questo punto il discorso di Paolo assomiglia a quello di uno speaker che viene interrotto e viene forzato a fermarsi e a fare una deviazione per poter rispondere alla domanda. Questa interruzione è alla fine del verso 12, e non è prima del verso 18 che egli può riprendere il suo discorso (leggete i versi 12-17). 

 

Tutti muoiono = tutti hanno peccato

 

L’argomento a cui Paolo risponde al verso 12 è questo: tutti gli uomini muoiono perché tutti hanno peccato. La domanda che sorge è quindi questa: vi sono alcuni individui che sono morti senza aver peccato personalmente? In risposta a questa domanda possiamo parlare di due categorie di persone:

 

1. I “pagani di Macchu Picchu” (quelli che non hanno udito il vangelo)

2. Gli “innocenti” (i bambini che muoiono prima di essere in grado di distinguere il bene dal male, inclusi i bambini non nati). 

 

Al verso 13 ci viene detto che la prima volta che una legge fu messa nero su bianco (sulla “pietra”) fu quando Dio diede la Legge a Mosé al Sinai (ca. 1400 a.C.). L’argomento che viene presentato afferma che non si può ritenere responsabile di ubbidire ad una legge chi non ha mai avuto alcuna rivelazione di quella legge. Nel dire questo dobbiamo capire che vi deve essere stata una qualche legge orale passata da Adamo ai suoi antenati perché il Signore punisce Caino in Genesi 4 per aver uccisi suo fratello Abele. Dio non avrebbe potuto giudicare volpevole Caino se non avesse violato una legge divina. In aggiunta a questo però troviamo nella Scrittura la “legge della coscienza”:

 

“Quando i gentili, che non hanno la legge, per natura fanno cose richieste dalla legge, essi sono legge a se stessi, benché non abbiano la legge, perché mostrano che l’opera della legge è scritta sui loro cuori, le loro coscienze anche ne portano testimonianza, e i loro pensieri si accusano e si scusano” (Rm. 2:14-15). 

 

La legge della coscienza è quello standard imperfetto di bene e male che risiede dentro ognuno di noi perché siamo stati fatti “ad immagine di Dio”. 

 

E così benché i pagani di Macchu Picchu non ricevettero mai la legge scritta, sappiamo che conobbero (e trasgredirono) la legge della coscienza, come è anche vero che i pagani che vissero nell’era dei patriarchi forse ebbero la possibilità di conoscere la legge orale. Tuttavia, per quanto riguarda l’argomento di Romani 5:12-14 la sola legge che ha una qualche rilevanza è quella mosaica scritta. Il punto è: come spieghiamo quindi la morte di tutti gli uomini che hanno vissuto prima della legge scritta? 

 

“Perché prima che fosse data la legge il peccato era nel mondo. Ma il peccato non è imputato quando non vi è legge. Tuttavia la morte ha regnao da Adamo a Mosè anche su quelli che non hanno peccato violando un comandamento, come Adamo, che fu un tipo di colui che doveva venire” (Rm. 5:13-14). 

 

A questo punto dobbiamo esaminare la seconda categoria di individui summenzionati, ovvero quelli morti prima di raggiungere l’età della responsabilità (ed incapaci di distinguere il bene dal male). 

 

Siccome la Scrittura è chiara nell’affermare che non vi è morte se non vi è peccato, la sola spiegazione per la morte degli infanti è che in qualche modo devono aver peccato anche loro. La sola opzione che ci rimane è che il peccato di Adamo è applicato anche a loro. Per dirla diversamente: anch’essi vengono considerati colpevoli del peccato di Adamo, come è scritto: “… per una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini” (Rm. 5:18a). 

 

Realismo: una via d’uscita? 

 

E’ un fatto biblico chiaro che siamo condannati per il peccato di Adamo. Il punto che ci piaga è: come possiamo essere condannati per qualcosa che non abbiamo compiuto personalmente? Una risposta a questo dilemma è il cosiddetto “approccio realista”. Detto semplicemente, secondo questo approccio noi eravamo “realmente” lì con Adamo nel momento in cui peccò. Se eravamo realmente lì allora si può dire in qualche modo che “noi” abbiamo peccato personalmente in Adamo, e non si può dire di essere colpevoli per qualcosa che non abbiamo fatto di persona. Un testo chiave per questa concezione è Ebrei 7:9-10:

 

“Si potrebbe perfino dire che Levi, che raccoglie la decima, pagò la decima attraverso Abraamo, perché quando Melchizedek incontrò Abraamo, Levi era ancora nel corpo del suo antenato”. 

 

Qui abbiamo il racconto di Abraamo che riscatta Lot in Genesi 14. Al suo ritorno dalla battaglia Abraamo si imbatte in Melchizedek re di Salem, un sacerdote del Dio Altissimo, che gli va incontro per benedirlo, e che riceve così una decima di tutte le spoglie di guerra da Abraamo. L’argomento è che siccome Levi era un discendente di Abraamo, ed i Leviti ebbero la responsabilità di raccogliere le decime dagli israeliti, si potrebbe quindi dire che quando Abraamo pagò la decima a Melchizedek fu anche Levi ad averlo fatto. Ora, in qualche modo saremmo potuti essere in Adamo in quello stesso senso, ma il punto da affrontare è se io con un atto della mia volontà ho partecipato volontariamente alla caduta di Adamo oppure no. E la risposta non può che essere negativa. Non importa come ci si gioca, ma l’approccio “realista” non rende la nostra colpa dovuta al peccato di Adamo più accettabile per la nostra carne. La realtà è che secondo Romani 5 siamo colpevoli per qualcosa che noi non abbiamo commesso personalmente!

 

L’etica dell’Onnipotente

 

E’ eticamente giusto per il Signore Dio incolparmi per quello che fece Adamo? Ci appelliamo qui al senso occidentale di giustizia. Di certo Dio mi deve un’occasione di dimostrarmi innocente o colpevole da me stesso, giusto? Ma cosa dice la Scrittura? 

 

“Non ha il vasaio il diritto di fare della stessa pasta un vaso ad uso nobile ed un altro ad uso ignobile?” (Rm. 9:21)

 

La risposta alla nostra domanda è semplice: in quanto nostro creatore, Dio ha il diritto di fare di noi qualsiasi cosa Egli voglia, noi siamo la sua argilla. Ammetto che questo non è un pensiero molto rassicurante, ma è la risposta biblica. 

 

Il problema sembra essere questo: noi continuiamo a confondere quale sia la nostra vera identità, perché ci piace vederci come soltanto un po’ più in basso di Dio, e pensiamo di avere il diritto di dibattere con Lui. Ma la Bibbia non ci vede così, e ce lo ricorda in termini molto chiari. Il punto è questo: amiamo il Dio che ci rivela la realtà del peccato originale? In ballo non è niente di meno che la vita eterna. 

 

“Questa è la vita eterna, che conoscano te, il solo vero Dio, e Gesù Cristo, che tu hai mandato” (Gv. 17:3).

 

Rigettare il Dio che ci rivela il peccato originale è rigettare il Dio della Bibbia. Forse il tuo Dio non ci incolpa per il peccato di Adamo, ma il Dio della Bibbia lo fa in modo chiaro. 

 

Tutto o niente

 

Ora che la colpa del peccato di Adamo su tutta la sua posterità è stata stabilita, dovremmo anche dire che il proposito di Romani 5 nel parlare del peccato originale è di descrivere il metodo usato per la nostra salvezza. 

 

Proprio come la colpa del peccato di Adamo è stata applicata a tutti quelli che Adamo rappresentava, ovvero tutti gli esseri umani, così anche la salvezza che Gesù Cristo ha acquistato alla croce è stata applicata a quelli che egli rappresentava, secondo Romani 5:18:

 

“Di conseguenza, proprio come il risultato di una sola trasgressione è stata la condanna per tutti gli uomini, così anche il risultato di un solo atto di giustizia è stato giustificazione che porta vita per tutti gli uomini” (Rm. 5:18). 

 

Lasciatemi dire che in entrambi i casi voi ed io siamo fuori dal processo decisionale. Se pensate che la base della condanna degli uomini sia immorale, allora dovete anche pensare che la base della nostra salvezza sia immorale. Il metodo in entrambi i casi è identico. 

 

La risposta alla domanda “chi sono ‘tutti gli uomini’ che Gesù ha rappresentato alla croce?” non si trova in Romani 5, perché questo passaggio descrive soltanto il metodo della salvezza. Se volete la risposta a quella domanda dovete andare ad I Corinzi 15:20-23. 

 

Una nota finale

 

Il peccato originale consiste di due parti. Siamo venuti al mondo con una fedina penale sporca (cioè, veniamo tutti incolpati per il peccato di Adamo) e con un cuore sporco (cioè un cuore corrotto che ci fa essere odiatori di Dio fin dal primo giorno di vita). In questo studio abbiamo parlato soltanto della fedina penale, e non della realtà del nostro cuore cattivo, occasione di un altro studio futuro.  

 

 

Traduzione dall'articolo originale, con permesso dell'autore, di F. De Lucia

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