La Casa di Dio
Perchè diventare membri di una chiesa locale
Perché è importante unirsi ad una chiesa locale e diventarne membri a tutti gli effetti? Nel Nuovo Testamento non viene mai comandato direttamente ai credenti di diventare membri di una chiesa locale, e non vi sono liste di membri. E’ questa quindi forse un’aggiunta alla Scrittura, una tradizione legalista post-apostolica? Diventare membri di una chiesa locale, entrare in una relazione e in un patto di mutua sottomissione, responsabilità, e interdipendenza con altri membri di una chiesa locale risulterà sicuramente poco popolare nella nostra cultura occidentale focalizzata sull’individualismo. Noi crediamo però che diventare membri di una chiesa sia un atto di estrema importanza e rilevanza spirituale per la vita di qualsiasi persona che si professi cristiano. Te ne daremo tre brevi ragioni scritturali:
1) Salvaguardare la propria salute spirituale
Una delle cose peggiori che può capitare ad un cristiano non è essere perseguitati, feriti o perfino uccisi. Siamo anzi ripetutamente dichiarati beati in tali casi (Mt. 5:10; II Cor. 12:10; Lu. 12:4; Fil. 1:23; II Cor. 5:1-8). Una delle cose peggiori è essere sopraffatti dal peccato, cosa per cui Cristo ha sofferto (II Cor. 5:21), che addolora lo Spirito Santo (Ef. 4:30), invita la disciplina del Padre (Ebr. 12:5-8), e, se continua imperterrito in modo da caratterizzare permanentemente la vita di un cristiano, potrebbe perfino indicare che la sua professione di fede è falsa (Ti. 1:16; I Gv. 2:3-4). Il peccato è quello che manderà molte persone nel tormento eterno dell’inferno.
Come cristiani, siamo in guerra. Il nostro arci-nemico, Satana, va in giro come un leone ruggente per cercare chi può divorare (I Pt. 5:8), e lo fa tentando i cristiani a peccare, convincendoli che il peccato è un padrone migliore di Cristo. Egli lo fa con l’inganno, e da ogni lato. Come possiamo guardarci contro i suoi schemi? Abbiamo bisogno di aiuto, e questo è il proposito della chiesa, degli altri cristiani a cui ci uniamo in una relazione di responsabilità nella chiesa locale.
Questo è il motivo per cui ci viene comandato di “esortarci l’un l’altro … così che nessuno si indurisca attraverso l’inganno del peccato” (Ebr. 3:13). Questo è il motivo per cui Paolo disse alla chiesa a Roma che erano pieni di ogni bontà, ricolmi di ogni conoscenza, e che dovevano perciò ammonirsi l’un l’altro (Rom. 15:14). Questo è il motivo per cui in Ebrei 10:24-25 ci viene detto di non negligere la comune adunanza e anzi guardarci l’un l’altro per incitarci all’amore e alle buone opere durante gli incontri regolari della chiesa. La chiesa è una misura preventiva, un mezzo per trattenerci l’un l’altro dal peccato.
Nel Nuovo Testamento non ci viene mai detto di tenere duro da soli. Chi pensa di rimanere in piedi, guardi che non cada (I Cor. 10:11-12)! Non siamo chiamati a vivere senza la protezione della chiesa locale. La comunione di un gruppo di credenti impegnati l’uno all’altro è vitale per la nostra salute e crescita spirituale e la nostra sicura continuazione nelle vie del Signore. E’ come l’arca fu per Noè e la sua famiglia: senza di essa non sarebbero sopravvissuti.
Questo estremo bisogno di una relazione impegnata tra fratelli e sorelle si vede chiaramente anche dal fatto che perfino quando uniti ad essa molti credenti sono proni a cadere nel peccato. Galati 6:1 dice che chi è più maturo spiritualmente deve rialzare chi cade in qualche peccato, e ristorarlo, ma stando attento a che non sia tentato e cada lui stesso! E’ come una missione di salvataggio in guerra: vi è un soldato ferito oltre la linea di fuoco ed altri che coraggiosamente cercano di salvarlo sottraendolo al fuoco nemico facendo attenzione che essi stessi non vengano colpiti! Se non provassero a trarlo in salvo, quel soldato ferito non avrebbe chance di sopravvivenza.
Così, se pensiamo che il nostro cristianesimo sia “un affare privato” e nel frattempo veniamo sopraffatti dal peccato, nessuno ci potrà trarre in salvo, perché non siamo vincolati a nessuno e non siamo responsabili nei confronti di nessuno! Se non ci si è mai uniti e sottomessi ad una chiesa locale, si potrebbe uscirsene con facilità, venir colpiti dal fuoco nemico, indebolirsi e lentamente morire senza accorgersi nemmeno di essere stati colpiti!
Perché unirsi ad una chiesa? Perché la tua sopravvivenza spirituale dipende da questo. In quelle chiese dove sembra sempre andare tutto bene, ma non vi un vero “dentro” e “fuori”, una vera responsabilità che viene coll’essere membri, dove ci si vincola all’autorità di quel corpo locale, e ci si dichiara responsabili di dare e ricevere, contribuire e sottomettersi, non ci può essere serietà nel trattare il peccato nella maniera che la Scrittura ci comanda. Di questo parleremo nel secondo punto.
2) Ubbidire ai comandamenti neotestamentari
Se è vero dire che non è mai direttamente comandato nel NT diventare membri di una chiesa, questo è però certamente implicato ed esemplificato nei comandamenti dati da Cristo e dall’apostolo in Matteo 18 e I Corinzi 5. In Matteo 18:15-17 Gesù dà alla chiesa un’istruzione sul come trattare un fratello, un professante cristiano, che cade nel peccato. Se quel fratello persistesse nel peccato anche dopo essere stato affrontato privatamente, allora la cosa va portata all’attenzione della chiesa locale.
Ora, a meno che non vi sia un qualche tipo di linea divisoria, un modo per sapere chi è parte e chi non è parte di quella chiesa, non vi sarebbe modo di ubbidire a quel comando di Cristo, perché non si potrebbe considerare quel fratello come un pagano e pubblicano nel caso di un suo non ravvedimento. Ci deve essere un “dentro” e un “fuori” la chiesa che va chiaramente delineato. Ci deve essere un modo per stabilire chi, come, quando e perché è “dentro”, e chi, come, quando e perché è “fuori”.
Lo stesso si dica per I Corinzi 5, dove si parla di rimuovere dalla chiesa, mettere fuori un fratello che non si ravvede da un peccato grave (cf. vv. 5, 11). Al verso 12 si parla esplicitamente di un “dentro” e di un “fuori”: “cosa ho da fare nel giudicare quelli che sono fuori? Non giudicate quelli che sono dentro?” Questo implica chiaramente che vi doveva essere un qualche tipo di separazione tra chi era “dentro” e chi era “fuori”. Quelli “dentro” devono essere in qualche modo un gruppo riconosciuto e riconoscibile (con una lista scritta?), e questo gruppo di “dentro” deve essere vincolato da qualcosa di più che una relazione informale basata sul meramente chiamarsi fratello.
Deve esserci stato un qualche sistema, un qualche modo per cui affermare l’un l’altro come cristiani e membri di uno specifico e tangibile corpo locale. Se una persona non fosse mai stata riconosciuta o ricevuta come membro di uno specifico e tangibile corpo locale, in modo da passare da “fuori” a “dentro”, la chiesa locale di Corinto non avrebbe mai potuto metterlo poi “fuori” come viene comandato loro di fare in questo capitolo (cf. v.13). Non solo, ma senza questo chiaro e definito “dentro” e “fuori” la persona stessa che è parte di quel corpo locale non saprebbe mai inequivocabilmente chi sono coloro che hanno quell’autorità su di lui, come nel caso di Corinto (e come viene presupposto in Matteo 18) in cui tutta la chiesa locale aveva autorità corporativamente su ogni suo membro.
Anche riguardo la sottomissione ai leader, comandata in passaggi come Ebrei 13:17, ci chiediamo: come si sarebbe potuto capire chi seguire e a chi sottomettersi come leader se quei leader non fossero stati riconosciuti chiaramente come tali, e se non si fosse riconosciuto che la loro sfera di autorità aveva un “dentro” e un “fuori” basato su chi era di fatto chiaramente “dentro” e non “fuori”? Su quali persone, esattamente, agli anziani di Efeso di Atti 20 viene comandato di vegliare? Su qualsiasi che avesse partecipato, anche sporadicamente e senza un vincolo ed impegno chiaro, agli incontri della chiesa locale? Che vuol dire I Pt. 5:3 quando afferma che vi sono alcuni a cui sono affidate alcune anime, o Ebrei 13:17 quando afferma che alcuni renderanno conto a Dio per alcune anime? Quali anime esattamente? Quelle di chiunque anche solo di passaggio frequentasse meramente qualche incontro di quella chiesa locale? Oppure chi?
Inoltre, ai credenti di una chiesa locale viene comandato di fare del bene a quelli della famiglia della fede (Gal. 6:10), di “amarsi l’un l’altro” (Gv. 13:34), di “esortarsi l’un l’altro per incitarsi all’amore e alle buone opere” (Ebr. 10:24), e tanto altro. Domanda: come facciamo a sapere chi sono esattamente quei “l’un l’altro”, quella “famiglia della fede” verso cui siamo responsabili di ubbidire a questi e molti altri comandamenti nel NT? Non ci deve essere quindi un chiaro e delineato “dentro” e “fuori”?
Perché dunque unirsi ad una chiesa? Perché è il solo modo per poter ubbidire seriamente ai comandamenti di Cristo e delle Scritture apostoliche. Se si può entrare ed uscire da una chiesa locale come e quando più sembra giusto ad ognuno individualmente, senza vincoli e responsabilità chiari e mutui, senza un chiaro impegno, senza stabilire in qualche modo chiaro chi, come, quando e perché è “dentro” o “fuori”, la chiesa non è realmente soggetta al suo Capo e i cristiani non stanno ubbidendo ai Suoi comandamenti nell’esercitare autorità come chiesa locale.
3) Adempiere lo scopo della propria salvezza
In Filippesi 2:12, ci viene comandato di “compire la propria salvezza con timore e tremore”. Quella parola “compire” significa letteralmente “adempiere lo scopo che si è destinati ad adempiere”. Qual è quel proposito? La vita cristiana ne ha vari: vivere giustamente e santamente in modo da glorificare Dio (Mat. 5:16; Ef. 2:10; Ti. 3:1, 8, 14); evangelizzare (Mat. 9:36-38; 28:18-20; Mar. 16:15); cercare la crescita spirituale (2 Pt. 3:11-18; Ebr. 5:12-14). Dobbiamo insegnare e difendere la verità (1 Tim. 3:15; 1 Pt. 3:15; 1 Tim. 6:20). Prenderci cura di chi ha bisogno (Mat. 25:31-46; Gal. 2:10; 6:10; Gia. 1:27).
Tutto questo è innegabilmente comandato nella Scrittura. Ma potremmo ridurre tutti questi elementi del nostro proposito di cristiani ad una sola idea centrale? Noi crediamo che il singolo proposito centrale per il cristiano e la chiesa, quello che promuove l’obbedienza a tutti gli altri, è quello dell’amore.
Gesù ha insegnato che il più grande comandamento è l’amore: amare Dio con tutto se stessi, e il prossimo come se stessi, e che non vi è comandamento più grande di questi (Mar. 12:30-31), e che tutti gli altri dipendono da questi. Paolo, nel parlare del comandamento dell’amore, dice che “l’amore non fa male al prossimo, quindi l’amore è l’adempimento della legge” (Rom. 13:10). Gesù ci diede “un nuovo comandamento”: quello di amarci l’un l’altro come Lui ha amato noi (Gv. 13:34-35).
Sembra quindi che il nostro proposito più alto, che include tutti gli altri nella nostra vita cristiana, è quello di amare. Questa è la nostra missione suprema. Ma come adempirla? Facendo come più ci sembra giusto? Seguendo i nostri sentimenti? Oppure abbiamo delle istruzioni scritturali per guidarci nell’adempire questo proposito? Ci viene forse dato un contesto e dei modi specifici in cui l’amore verrà imparato, insegnato, e vissuto secondo il disegno e l’intento di Dio?
Il Nuovo Testamento parla della chiesa locale come quel contesto in cui l’amore viene dato nella sua forma più alta. Quando nel Nuovo Testamento si parla di amore, si usa un linguaggio che ricorda l’unità tra i membri e l’affidarsi e vincolarsi l’uno all’altro. Non è mai usato un linguaggio individualista.
Ad esempio, in Efesini 4:16, parlando di Cristo il Capo della chiesa, si dice che “da lui tutto il corpo, unito e legato insieme mediante l’aiuto che fornisce ogni giuntura, secondo l’operazione effettiva per cui ogni parte fa il suo contributo, fa crescere il corpo per edificare se stesso nell’amore”. Paolo pregò i cristiani di Filippi di “adempire la mia gioia essendo di una stessa mente, avendo il medesimo amore, essendo di un solo accordo, di una sola mente” (Fil. 2:2). Ai Colossesi disse di “rivestirsi di misericordia, gentilezza, umiltà, mansuatudine, pazienza … perdonandovi l’un l’altro … ma sopra tutte queste cose rivestitevi dell’amore, che è il vincolo della perfezione” (Col. 3:12-14).
L’amore del Nuovo Testamento è un amore che ha “la stessa mente”, che unisce insieme i cristiani in un medesimo proposito e in una sola comunione, un vincolo strettissimo. Questo è dimostrato anche dalle metafore usate per descrivere la chiesa: un edificio in cui i singoli cristiani sono le pietre viventi che lo edificano (I Cor. 3:9; I Pt. 2:5) e il cui “cemento” è l’amore, un corpo dove ogni cristiano ne è un membro integrante e funzionante (I Cor. 12), che proprio come un membro di un corpo non può esistere in isolamento dal corpo, e che è nell’amore che fa la sua parte nella tenera cura di quel corpo (I Cor. 13).
Anche se un individuo che rimane non impegnato nei confronti di una chiesa locale fosse amorevole a livello personale la Scrittura ci fa capire che un tale non starebbe esercitando il vero amore cristiano secondo la natura, il disegno e lo scopo stesso dell’amore divino. L’amore divino cristiano è quel vincolo di perfezione che mantiene unito l’edifico e il corpo locale della chiesa.
Perché unirsi a una chiesa? Perché questo è il modo in cui adempirai il tuo proposito come cristiano. Non sei stato fatto per rimanere da solo, ma per essere un membro di un corpo, una pietra vivente in un edificio.
Ascolta Charles Spurgeon:
“So che alcuni mi diranno, ‘beh, ho dato la mia vita a Gesù, ma non intendo darmi alla chiesa’”
“E perché mai, fammi capire?”
“Beh, perché posso comunque essere un cristiano anche senza”.
“Ne sei proprio sicuro? Pensi di poter essere un cristiano indifferentemente al fatto se tu stai ubbidendo o disubbidendo al tuo Signore? Eccoti lì, un mattoncino. Per cosa sei stato fatto? Per contribuire alla costruzione di una casa. Quel mattoncino non serve a niente se sta lì a terra a non far niente per contribuire ad edificare quella casa. Così sei tu, cristiano, quando rimani isolato dalla chiesa. Non pensare di star adempiendo in qualche modo il tuo proposito. Tu stai vivendo contrariamente alla vita che Cristo vuole che tu viva e per cui ti ha progettato, e sei certamente da biasimare per questa tua condizione”.
Se desideri essere usato da Cristo nell’edificare il Suo corpo, la chiesa, allora devi pregare e darti attentamente a cercare e trovare un corpo locale di credenti a cui unirti e vincolarti come membro. Lì, in quella relazione seria ed impegnata nei confronti di una chiesa locale, sarai protetto dall’inganno del peccato, ubbidirai alla Legge di Cristo, aiutando ed incoraggiando anche altri ad ubbidirgli. E lì tu adempirai lo scopo della tua salvezza, per come ti viene mostrato e comandato nelle pagine della Scrittura, la Parola di Dio.
Tradotto e leggermente adattato da F. De Lucia
da uno scritto online con permesso della Christ Fellowship of Kansas City