top of page

Il “Sabato” nelle Scritture

 

Fred G. Zaspel

 

 

Potrebbe sembrare un’ipersemplificazione (ma non lo è affatto) dire che i disaccordi sul soggetto della legge divina si accentrano tutti sulla questione del Sabato. E’  noto che le dispute intorno alla legge divina prima o poi finiscono quasi inevitabilmente per sfociare in questo argomento, e spesso accompagnate da un certo fervore. Inoltre, molto di quanto si potrebbe dire sulla funzione anticipatoria della legge di Mosè troverebbe, almeno potenzialmente, un’ampia accettazione da parte di tutti in qualsiasi campo teologico. Perfino all’interno di questo modo pur comune di pensare rimane aperta la questione del Sabato. Anche il Sabato aveva un significato profetico? Se no, perché no? Se sì, esso ritiene la sua antica forma e significato? Quale trasformazione ha avuto il Sabato, se ne ha subita una, con la venuta di Cristo? E cosa avalla tali cambiamenti? 

 

La questione del Sabato, è da ammettere, è complessa e problematica, e sarebbe frettoloso affermare di averla risolta una volta e per sempre a soddisfazione di tutti. Questo saggio vuole essere un tentativo di dimostrare che il Sabato deve essere trattato con un’ermeneutica non differente da quella che viene comunemente impiegata dal NT nel trattare tutti gli altri aspetti della Legge dell’AT. Non intendiamo rispondere ad ogni possibile obiezione su ogni punto di questa discussione, ma considereremo e risponderemo ad alcune delle vedute alternative alla nostra tesi. 

 

Antico Testamento

Genesi 2

 

La discussione del Sabato di solito inizia in Genesi capitolo 2. Benché la parola “Sabato” non appare all’apice della narrativa creazionale, vi è in essa abbastanza materiale rilevante, che seppure breve, viene ampiamente accettato come un inizio di una discussione più ampia. Leggiamo:

 

Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l’esercito loro. Il settimo giorno Dio compì l’opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l’opera che aveva fatta. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l’opera che aveva creata e fatta (Genesi 2:1-3).

 

Questo passaggio è significativo in quanto è il coronamento della narrativa creazionale (Genesi 1:1-2:3). Dio ha parlato e ha fatto così esistere l’intero mondo, avendolo adornato di bellezza e grandiosità e riempiendolo di abitanti. Egli ha “finito” (kalah/sunteleo) la Sua opera, e secondo Lui esso è tutto “molto buono” nella sua completezza e perfezione (1:31-2:1). L’opera delle Sue mani, “tutto il suo esercito”, mostra la Sua gloria, e Dio “si riposò” (sabat/katapauo) e si “ristorò” (Esodo 31:17) dalle sue fatiche. Certo, Dio non si stanca mai, né ha bisogno di riposo o ristoro. Si tratta di un riposo di realizzazione, di soddisfazione. Il settimo giorno Dio si rilassò, per così dire, diede un’occhiata a quanto aveva fatto, e se ne compiacque. Due volte viene detto che “Dio si riposò”. Questo è in ogni senso il riposo di Dio (Salmo 95:11), il suo dilettarsi e riposarsi nel compimento della Sua opera. La narrativa creazionale raggiunge dunque qui un apice nella contentezza di Dio. 

 

Questo fu il riposo di Dio. Ma fu esso un riposo che intendeva godersi da solo? Perché la settimana termina col riposo del Creatore? Qual è il significato di ciò? Si noti che la formula conclusiva “sera e mattina” è assente, e che il settimo giorno rimane quindi aperto. Inoltre, in Genesi 2:2-3a “il settimo giorno” è menzionato tre volte, ed ogni volta in una frase composta di sette parole nel testo ebraico. Mosè ha inserito nella narrativa e nella struttura della frase, in modo attento e creativo, un senso di anticipazione. Inoltre, notiamo che Dio “benedisse” il settimo giorno o “lo santificò”. Per chi fu quindi santificato, reso sacro? Sembra che lo sguardo è diretto sia all’esterno che in avanti. Gesù stesso ce lo conferma con la Sua autorità: “il sabato fu fatto per l’uomo” (Marco 2:27). Chiaramente Mosè ha strutturato questo passaggio (Gen. 1:1-2:3) in un modo tale che raggiunga il suo culmine non nella creazione dell’uomo (sesto giorno) ma nel riposo e nella contentezza di Dio  (settimo giorno). Il riposo di Dio è il punto a cui conduce il passaggio. Detto altrimenti, Mosè sta descrivendo il fatto che la creazione, la storia umana, trova il suo goal nel riposo di Dio. Il riposo di Dio è un riposo in cui la creazione stessa deve prendere parte e di cui deve godere. “La dichiarazione monta, some se fosse, al luogo di Dio stesso e testimonia che presso il Dio vivente vi è riposo … si sta dunque preparando la via per … il bene finale salvifico”.[1] Poco altro ci viene detto, ma è stata già suonata una nota di anticipazione, un’anticipazione di riposo universale. L’uomo creato di nuovo godrà anch’egli di questo riposo? 

 

Nel prossimo capitolo (Genesi 3) Mosè registra il modo in cui fu perso il riposo di Dio. Come risultato della sua ribellione, l’umanità è caduta sotto una maledizione, una maledizione che comporta fatica, sforzo, dolore, sudore e morte. Lo stato di peccato e morte prende il dominio, e il riposo non è che una speranza. La vita è ora fatta di sforzo e fatica, peccato e morte. Mosè ci ha detto che l’opera di Dio (asah e bara) fu “finita … completata … fatta” (2:1-2). Ora, dopo il peccato dell’uomo, Dio inizia ad operare di nuovo, egli “fece (asah) vestiti di pelli per Adamo e sua moglie e li vestì” (3:21). Nel settimo giorno Dio si riposò. “Ma non a lungo, perché appena l’uomo peccò Dio si rimise all’opera”.[2] Dio ha di nuovo intrapreso l’opera di preparazione del riposo, questa volta per le sue creature cadute. E’ evidente che questo è ciò a cui Gesù si riferisce in Giovanni 5:17 (nel contesto): “Il Padre mio ha operato finora, ed io ho operato”. 

 

Che il settimo giorno iniziale contenesse in sé questo senso di anticipazione è proprio l’affermazione di Ebrei 4:4, che analizzeremo tra un po’. Vi sono altri passaggi biblici successivi che sembrano affrontare Genesi 2:1-3 in modo simile, e anch’essi saranno notati a loro tempo. Ma dobbiamo riconoscere fin da ora che questo passaggio (Gen. 2:1-2) vuole essere compreso come un piccolo inizio di un tema molto più ampio che vari successivi scrittori biblici svilupperanno in modo progressivo. E’ un tema pregnante di speranza ed anticipazione.[3] La creazione ha come suo obiettivo, come suo goal, il riposo divino. Come Oehler ha notato:

 

Che l’intero corso della storia umana non deve continuare in una monotona interminabilità, che i suoi eventi devono avere un termine positivo, devono trovare completezza in un ordine armonioso datogli da Dio, è già garantito dal Sabato della creazione … il riposo divino del settimo giorno della creazione, che non ha sera, aleggia sul progresso del mondo, così che possa alla fine assorbirlo in se stesso.[4]

 

Keil e Delitsch hanno osservato similmente: 

 

Il settimo giorno originario fu il principio e il tipo del riposo di cui la creazione, dopo che cadde dalla comunione con Dio attraverso il peccato dell’uomo, ricevette una promessa che sarebbe stato di nuovo ristorato attraverso la redenzione nella sua consumazione finale.[5]

 

E così, Genesi 2:1-3 fa risuonare la prima nota escatologica della Scrittura, e la funzione anticipatoria del settimo giorno della settimana creazionale, a sua volta, ci dà la chiave interpretativa per capire questo motivo di riposo/sabato per come è rivelato nella storia della rivelazione divina. 

 

 

Il Pentateuco

 

Lungo il dispiegarsi della narrativa della storia umana vi sono sottili richiami alla mancanza di riposo dell’umanità (e.g. Gen. 2:15; 3:16-17; 5:29, etc.). La realtà di una pesante irrequietezza non è mai assente ed è prominente di nuovo nei capitoli di apertura di Esodo, che vedono il popolo di Israele in schiavitù e il tema del “riposo” fare un grande passo avanti. 

 

La prima volta che si parla di osservare il settimo giorno/Sabato da parte dell’uomo è in connessione all’Esodo, proprio prima del Sinai (Esodo 16).[6] A motivo dei suoi mormorii dovuti alla fame, Israele riceve la “manna” (letteralmente significa “cosa è”) perché mangi e si riempia lo stomaco. Ogni giorno Dio provvede abbondantemente per ogni persona, ma vuole che essa non si ammassi e conservi. Ogni giorno porterà con sé una nuova provvigione. Israele deve imparare a confidare in Dio. Il sesto giorno il Signore ne dà una doppia porzione, ed ogni persona dovette metterne da parte anche per il giorno dopo. Nel settimo giorno non si sarebbe dovuto raccogliere alcuna manna, perché nel settimo giorno “il Signore vi ha dato il Sabato” (sabat/sabbaton, v. 29). “Così il popolo si riposò (sabat/sabbatizo) il settimo giorno” (v. 30). Il riposo viene dato, e in questa maniera il popolo di Dio si ricordava ogni settimana della provvidenza e della grazia di Dio. Questo non è ancora il Sabato giudaico vero e proprio, è molto meno restrittivo di quello che sarebbe stato presto dato al Sinai. La sola restrizione data qui fu quella di non farsi scorta di manna. Non vi è alcun’altra proibizione riguardante alcun altro tipo di lavoro. Ma questo certamente inizia a preparare Israele per quello che sarebbe dovuto venire di lì a poco, e in sé è un promemoria regolare e vivido che il riposo può venire soltanto per la provvigione di Dio. 

 

Fu al Sinai che Dio “fece conoscere il suo santo sabato” ad Israele (Ne. 9:14). In Esodo 19-20 Dio costituì Israele come nazione e diede loro la Sua legge, una legge riassunta nei Dieci Comandamenti (Esodo 20:2-17).[7] Il quarto comandamento assegna ad Israele un’osservanza del giorno di Sabato stretta e regolare:

 

Ricordati[8] del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa’ tutto il tuo lavoro, ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al Signore Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città; poiché in sei giorni il Signore fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il Signore ha benedetto il giorno del riposo e lo ha santificato (Esodo 20:8-11). 

 

I primi quattro e gli ultimi sei comandi del Decalogo sono oggi comunemente detti “la prima tavola” e “la seconda tavola” della legge. Kline ha mostrato che tali documenti di patto, se comparati con dei trattati di sovranità di questo stesso periodo, sono scritti nella loro interezza su entrambe le tavole.[9] Sembra quindi che la nostra terminologia abbia bisogno di essere rivista, quindi, perché entrambe “le tavole” della legge avrebero contenuto l’intero Decalogo. Inoltre, Kline mostra che al centro del documento appare il sigillo dinastico dell’antico sovrano. Ovviamente Dio non aveva alcuna “immagine” con cui sigillare il documento, e quindi è il Sabato che diviene centrale ad esso come il “segno” o il “sigillo” del patto di Dio con Israele. Questa è la ripetuta affermazione di Esodo 31:12-18: “Osserverete i miei Sabati. Questo sarà un segno (ot) tra me e voi per le generazioni a venire” (Es. 31:13; cf. Ez. 20:12, 20). Proprio come l’arcobaleno era il segno del patto noaico (Gen. 9:12, 13, 17) e la circoncisione il segno del patto di Dio con il popolo di Israele fin da Abraamo. Questo spiega l’espressione in Isaia 56:4-6: “attenersi al patto”. Questo spiega anche la ripetizione frequente del comando nella Torah (e.g. Es. 23:12; 34:21; 35:2-3, etc.). Questo spiega anche perché le altre nazioni che circondavano Israele, benché fossero condannate per molti peccati, non furono mai criticate da Dio per non aver osservato il Sabato: esso era il segno del patto di Dio con Israele.[10]

 

Che il Sabato era il segno o sigillo del patto di Dio con Israele spiega inoltre l’attenta precisione ed importanza associata alla sua osservanza. Violare il Sabato in qualsiasi modo risultava nella morte (Es. 31:14). Non doveva farsi alcun lavoro (Es. 20:10; 31:14-15). Un’importanza singolare si associava all’osservanza del Sabato perché violarlo era violare il segno stesso del patto. Ad esempio, per quanto sbagliato fosse stato per un marito scaraventare a terra una sedia o lampada, sarebbe stato molto peggio se avesse gettato via il suo anello nuziale, perché questo avrebbe avuto una connotazione più simbolica e solenne. L’anello nuziale è il segno solenne del patto matrimoniale, e trattarlo con leggerezza o disprezzo sarebbe stata una questione molto seria. E così per Dio era di estrema importanza che Israele rispettasse il Sabato, e violarlo sarebbe stato qualcosa degno di morte. Arare e mietere (Es. 34:21), portare pesi (Ger. 17:21), raccogliere meramente rami (Num. 15:32-36) o perfino accendere un fuoco (Es. 35:3) erano tutte cose da evitare attentamente. La violazione del Sabato da parte di Israele fu la ragione per la distruzione e cattività del popolo (Ez. 20:10-26; 22:8, 26, 31).[11] Dio aveva dato ad Israele “riposo” e questo riposo, il segno stesso del patto, doveva essere attentamente onorato ed osservato. Il riposo di Dio non deve essere profanato (halal) con l’opera dell’uomo (Ez. 22:26). 

 

Ma il settimo giorno/Sabato è più che un promemoria settimanale. Fondato non nella natura di Dio ma nella Sua opera, aveva un carattere rituale/cerimoniale. Nell’economia mosaica serviva “come il fondamento per tutte le feste israelitiche”.[12] In Esodo 23:12 e Levitico 23:1-3 il comandamento del Sabato inizia la transizione ai comandamenti riguardanti le feste annuali di Israele per il Signore (Es. 23:14ss.; Lev. 23:4ss.). In Esodo 35:2-3, Levitico 19:30 e 26:2, il comandamento del Sabato compare associato a quanto concerneva il tabernacolo. Il giorno di Sabato è alla base dell’anno sabbatico e dell’anno di giubileo (Lev. 25:1ss.). Questi, come anche la festa delle trombe (23:24-25), il giorno dell’espiazione (16:29-30), e la festa dei tabernacoli (23:34) sono tutti riposi sabatici al Signore.[13] Forse il più pertinente al nostro proposito è l’anno sabbatico e quello di Giubileo, entrambi i quali parlano di riposo, libertà, e ristorazione (Lev. 25). Il tema nato al climax della settimana creazionale continua a crescere, Dio continua a moltiplicare questi promemoria del Suo riposo. 

 

Il Sabato aveva una caratteristica ancora più significativa: era sia commemorativo che prospettico. Il comandamento mosaico trova il suo significato nel riposo creazionale di Dio: “perché in sei giorni il Signore fece i cieli e la terra, il mare e tutto cià che è in essi, e si riposò il settimo giorno” (Es. 20:8-11). Questa osservanza del Sabato era reminiscente del riposo di Dio, esso stesso prospettico di un riposo a venire: lo sforzo e la fatica imposta all’uomo dal peccato, insieme alla maledizione, devono finire nel riposo finale, e di questo riposo vi è un promemoria settimanale. 

 

Questa connessione spiega perché il comandamento del Sabato in Deuteronomio 5:12-15, a differenza di quello in Esodo 20:8-11, era fondato non specificamente sul riposo creazionale di Dio ma sulla liberazione di Israele dalla schiavitù: 

 

Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore, il tuo Dio, ti ha fatto uscire di là con mano potente e con braccio steso; perciò il Signore, il tuo Dio, ti ordina di osservare il giorno del riposo (Deut. 5:15). 

 

Questa osservazione sulla fatica che lascia spazio al riposo, e sul riposo come dono di Dio, connette ciò col “riposo” di cui si parla in Genesi 2. Fin dall’inizio lo sforzo e la fatica dell’uomo gli ricordavano la maledizione (Gen. 3:17-19) e prospettavano il riposo divino (Gen. 5:29[14]) e qui il tema viene di nuovo messo in luce. L’idea della redenzione divina non è estranea a quella del riposo divino ma è una sola cosa con esso. Anzi per l’uomo caduto il riposo è la redenzione. 

 

 

L’ Antico Testamento in generale

 

A questo riguardo si deve notare che il “riposo” di Israele fu realizzato non soltanto nel settimo giorno, ma nella terra stessa di Israele (e.g. Es. 33:14; Deut. 3:20; 12:9-10; 25:19; Gios. 1:13; 21:44; Sal. 95:11, etc.; cf. Lev. 25:2).[15]

 

Similmente, in Babilonia, Israele “non trovò riposo” (Lam. 1:3; cf. 5:5). L’AT enfatizza che questo “riposo” o “luogo di riposo” è una provvigione che Dio fa al Suo popolo, ed è così che Israele è incluso nel riposo divino; anch’essa, la terra, il luogo di riposo, è un segno della provvigione di grazia di Dio, e rappresenta una prospettiva di una pienezza di riposo che è ancora a venire. 

 

Similmente, quando Israele riceve liberazione dai suoi nemici la pace che ne risulta è descritta come un tempo di “riposo” (Gios. 11:23; 14:15; 21:44; Giud. 3:11, 30). Davide era un “uomo di guerra” (I Sam. 17:33; II Sam. 17:8), chiamato così per il suo successo nello sconfiggere tutti i nemici di Israele. Ma con le sue fatiche egli portò Israele nel riposo (II Sam. 7:1, 11). Fu suo figlio Salomone ad essere un “uomo di riposo” (I Cron. 22:9; cf. I Re 8:56). Anche qui, come implica il suo nome stesso, Salomone (selomoh, da salom, pace), il linguaggio di “pace” viene introdotto nel tema del riposo: “ecco, un figlio ti nascerà, e sarà un uomo di riposo, ed io gli darò riposo da tutti i suoi nemici tutt’attorno. Il suo nome sarà Salomone, perché io darò pace e quiete ad Israele nei suoi giorni”. Questa connessione sembra fornire avallo ad includere in questo tema del “riposo” i vari annunci profetici dell’epoca a venire, quando la pace prevarrà nel governo del Servo di Dio e come risultato dell’intervento di Dio Stesso nella storia umana (Is. 11:65, etc.). 

 

Inoltre, troviamo una frequente associazione dell’idea di riposo alla presenza di Dio e alla dimora dell’arca in Sion (Sal. 132:8, 14; Is. 66:1; etc.).[16] Cio è reminiscente della promessa di Dio a Mosè: “La mia presenza andrà con te, e ti darò riposo” (Es. 33:14). Ciò enfatizza di nuovo l’idea del riposo che si trova in Dio e come Suo dono di grazia.[17]

 

I Salmi offrono soltanto riferimenti sparuti, benché altamente suggestivi, a questo tema del riposo. Nel Salmo 116:7 il salmista si aspetta di ritornare al riposo di Dio nella sua risurrezione.[18] E nel Salmo 94:13 (seqet) e 95:11 (menuhah), due salmi di intronizzazione pesantemente carichi di importo escatologico, il riposo “dai giorni d’avversità” e il riposo nella terra promessa sono oggetto di felice aspettativa. Questi contributi al tema sono suggestivi in quanto associano la pienezza del riposo all’escathon.[19] Il Salmo 95 aggiunge a ciò un’invito al riposo divino e avverte, richiamandosi alla generazione del deserto, sulla possibilità di non entrare in questo riposo come conseguenza della ribellione e dell’incredulità. Il riposo qui ha una connotazione decisamente soteriologica come anche escatologica. 

 

La pienezza escatologica del riposo è una speranza ripetuta spesso anche nei profeti, particolarmente in Isaia. Ripetutamente la “salvezza” di Dio è promessa con grande eccitazione, e i termini correlati del “riposo”, della “pace” e della “sicurezza” spesso caratterizzano l’annuncio del profeta (Is. 52:7; 55:12; 57:2; Ger. 30:10; Ez. 34:”5; 37:26). La stretta associazione di questo riposo al Servo di Yahveh (Is. 52:7; cf. 9:6-7) suggerisce di nuovo l’idea della redenzione. 

 

Il Sabato, quindi, come la parola stessa indica, parla del riposo. Non è soltanto un riposo umano di cui può godere l’uomo. Il Sabato parla di grazia, di provvigione divina, e di redenzione. Non sorprende, quindi, che l’adorazione della religione israelita era centrata sul Sabato. Il Sabato offriva un tempo e una ragione per la lode nella casa del Signore, come illustra il Salmo 92, “Un salmo per il Giorno di Sabato”, un salmo di liberazione e provvigione. Era un giorno di sacrifici ed offerte speciali (Num. 28:9-10; cf. Ez. 46:1-3). Non vi è indicazione che l’osservanza del Sabato da parte del popolo Israelita in generale doveva essere marcata da qualche speciale funzione religiosa oltre al fatto di focalizzarsi sulla cessazione dal lavoro ordinario. Siccome questo riposo indicava la provvigione divina, la nota dell’adorazione non è del tutto esclusa, quantomeno per quanto concerneva il suo proposito storico-redentivo. Il Sabato rappresenta più che un segno con cui identificare il popolo di Dio. E’ una cerimonia che va oltre se stessa e che guarda ad una pienezza di riposo che nel tempo e nella grazia di Dio sarà dato al Suo popolo. Spetterà al NT rivelare in che modo questo riposo giungerà a fruizione, ma la sua aspettativa è costantemente e ripetutamente reiterata nell’AT.

 

 

Nuovo Testamento

 

 

Come per tutti i temi biblici, è nel NT che questo motivo del riposo di Sabato riceve una definizione chiara e finale. Come notato sopra, l’AT associava la promessa del riposo al Servo di Yahveh e con le idee di redenzione ed escatologia. Benché l’AT non ne parla in dettaglio, le informazioni che ci fornisce sono tali da non far risultare sorprendente il suo adempimento nel Signore Gesù. Egli è, dopo tutto, il Servitore-Redentore, ed è l’Eschatos, l’Ultimo (Ap. 22:13). “Tutte le promesse di Dio in Lui sono sì ed amen” (II Cor. 1:20). Nel NT, la rivelazione di Gesù Cristo, ci aspettiamo che questo tema sia chiarito e portato a piena realizzazione. 

 

Tenendo a mente che la redenzione e la pace portate dal Servo del Signore erano state già annunciate nell’AT, nel volgerci al NT si è tentati di includere nel trattare questo tema tutti i passaggi che parlano di Cristo e della Sua opera. Fare ciò sarebbe del tutto legittimo, come ad esempio è chiaro da Ebrei 4. Per i nostri propositi dobbiamo però essere più restrittivi, benché ciò non sia cosa semplice. Consideriamo le parole di Simeone nel tempio: “Signore, ora lascia che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza” (Luca 2:29-30). Un link ancora più stretto è rappresentato da Matteo 1:21 dove “Gesù” è il nome dato al Salvatore nato. “Gesù”, ovviamente, è una parola che proviene dall’ebraico “Yehoshua”, proprio come da “Cesare” viene la parola russa “Czar” e quella tedesca “Kaiser”, e proprio come dal greco kuriakon (“del Signore”) viene “church” in inglese e “kirk” in tedesco. Questa identificazione di Gesù con Yehoshua ci indica che, proprio come Giosuè nell’AT (stesso nome), egli condurrà il Suo popolo nel riposo. Vi sono altri passaggi, come Luca 4:16ss. dove Gesù annuncia di essere il Servo del Signore venuto a proclamare l’anno sabbatico di rilascio dalla prigionia (il Giubileo), e Matteo 11:28ss. dove Gesù offre il suo “riposo” a chi è affannato e viene a Lui. Così anche Romani 8:18-24, echeggiando Genesi 2-3, nota, con i profeti, che non soltanto l’umanità, ma anche la creazione attende un riposo a venire. Proprio come la narrativa di Genesi 1-2 culmina nel riposo di Dio, così anche la storia stessa culminerà in quel riposo (cf. Ef. 1:10). Questi punti illuminano il nostro studio e confermano che il Sabato dell’AT guardava in avanti alla realtà da doversi godere in Cristo. Esso era l’”ombra” di cui Cristo è la “sostanza” (Col. 2:16-17). Ma ai fini del nostro saggio restringeremo le nostre osservazioni primariamente a quei passaggi in cui il tema del Sabato è trattato in modo esplicito. 

 

I Vangeli: Gesù e il Sabato

 

L’insegnamento più memorabile di Gesù sul Sabato si trova nel contesto di una controversia. Sampey afferma:

 

Vale la pena notare che, se Gesù spinse i precetti morali del Decalogo nel reame interiore del pensiero e del desiderio, dunque rendendoli più difficili ed esigenti, Egli combattè per una interpretazione più liberale e leniente della legge del Sabato. I sabbatisti rigorosi devono cercarsi un altro campione delle loro vedute.[20]

 

Potrebbe essere così, particolarmente per quanto riguarda le molte regolazioni che erano state aggiunte alla legge del Sabato nelle varie tradizioni rabbiniche. E “se nessuna delle azioni di Gesù violano chiaramente la legge scritta, le guarigioni non necessarie di Gesù di certo la ‘allargano’.”[21] Ma cerchiamo di comprendere la “lenienza” di Gesù sul Sabato nella sua cornice appropriata. 

 

In Matteo 12:1-8 (cf. Marco 2:23-28 e Luca 6:1-5) Gesù viene attaccato per le azioni del Suoi discepoli. In giorno di Sabato, mentre camminavano lungo il bordo di un campo di grano, i discepoli colsero alcune spighe di grano e ne mangiarono. Luca aggiunge il dettaglio che i discepoli strofinavano il grano nelle mani (6:1), probabilmente per rimuoverne la pula. I Farisei rimasero atterriti, e siccome erano i discepoli di Gesù ad aver fatto questo, i Farisei presunsero, correttamente, che lo fecero con l’approvazione di Gesù; implicitamente quindi accusarono Gesù di contravvenire alla legge mosaica. Mosé permetteva specificamente di cogliere del grano di un vicino con la mano (Deut. 23:25), ma proibiva specificamente il mietere grano in giorno di Sabato (Es. 34:21). Inoltre, i Farisei percepirono probabilmente “il loro strofinare il grano come trebbiatura e il loro scartare la pula come vagliatura”.[22] E’ altresì significativo il fatto che l’accusa non fu mai fatta a Gesù o i Suoi discepoli in modo formale, perché evidentemente non avrebbe retto nemmeno nelle loro stesse corti religiose.[23] Le azioni dei discepoli non erano contemplate dalla proibizione mosaica. 

 

Ciò che colpisce della risposta di Gesù è che Egli non risponde basandosi sui loro presupposti, non dice che avevano usato Mosè inappropriatamente, benché avrebbe avuto ragione. Egli fa qualcos’altro: argomenta da I Samuele 21:1-6 che Lui costituisce un caso eccezionale.[24] Davide e i suoi soldati, durante la loro fuga dal re Saulo, presero e mangiarono il pane della presentazione nella casa di Dio. Questa azione costituiva una violazione della legge: il pane consacrato doveva essere mangiato soltanto dai sacerdoti (Lev. 24:5-9), e tuttavia Davide, avendo fame ed essendo nel bisogno, permise, pretese, questa eccezione dal sacerdote e lo fece in giorno di Sabato.[25] E così gli oppositori di Gesù sono dinanzi a un dilemma: devono scegliere tra le loro tradizioni ed interpretazioni della legge da un lato e Davide il loro grande e riverito re dall’altra. Se scelgono Davide potrebbero quindi esonerare le attività dei discepoli di Gesù, che hanno già pronunciato colpevoli, e riconoscere implicitamente la ristrettezza del loro insegnamento. La conclusione era quindi ovvia, per quanto difficile sarebbe stato doverla ammettere. 

 

La giustificazione delle azioni di Davide e dei suoi uomini, e per estensione delle azioni dei discepoli di Gesù, rimane ancora senza spiegazione. Gesù menziona la fame di Davide, dimostrando così una situazione parallela. Davide “ebbe fame” (chreian eschen) e così i discepoli di Gesù. Ma questo non è il punto, perché, a differenza degli uomini di Davide, i discepoli non erano affamati al punto di essere esausti. Quello di Davide era un caso estremo, ma non quello dei discepoli di Gesù. Per implicazione Gesù ci fa capire qualcosa della natura stessa del Sabato. Se il Sabato era, come spesso presunto, una parte della “legge morale immutabile” di Dio, sarebbe davvero difficile ammettere una tale eccezione, specialmente dato che questa eccezione è fondata su un bisogno umano.[26] Gesù non classifica il Sabato come legge morale immutabile, e questo lo portò in conflitto coi Farisei. Il Sabato non era un fine in sé, un assoluto che non ammetteva alcuna eccezione. “Il Sabato è stato fatto per l’uomo, e non l’uomo per il Sabato” (Marco 2:27). Era inteso per il beneficio dell’uomo, per il suo benessere. Elevarlo a luogo di tirannia sull’uomo è renderlo qualcosa di diverso da quanto di fatto era, e anzi sarebbe stato sovvertirlo totalmente”.[27]

 

Più precisamente, il punto messo in risalto è che è Gesù che possiede l’autorità di decidere queste cose, è Lui che è “Signore perfino (kai in posizione ascensiva) del Sabato” (Mat. 12:8). “In quanto signore del sabato egli si trova al di sopra della legge e implicitamente pretende il diritto a definirla … è il Figlio dell’uomo che decida cosa sia e cosa non sia accettabile in giorno di sabato”.[28] Ovvero, la questione non è tanto la relazione di Gesù al Sabato ma la relazione del Sabato a Lui. Come ha affermato B. B. Warfield: “Il Sabato appartiene a Lui. Egli è il suo Signore, il Suo maestro, perché questo è quello che ‘signore’ significa. Egli può farci quello che vuole, abolirlo se così vuole.”[29] Gesù “subordina continuamente il Sabato ai requisiti della Sua propria missione.”[30] Non si sta parlando quindi tanto dell’estensione del Sabato ma della signoria di Gesù. Per dirla con Plummer, “Il Figlio dell’uomo controlla il sabato, non è il sabato a controllare lui”.[31] Questo è il punto in questione, e questo è il punto saliente della difesa di Gesù (hoste, Marco 2:28[32]). Se Davide ebbe il diritto di fare un’eccezione alle leggi cerimoniali di Israele, quanto più Gesù. La difesa di Gesù pretende la posizione più alta possibile: un’autorità che sorpassa perfino il Sabato stesso. La Sua grandezza conferisce determinati diritti ai Suoi discepoli: essi possono prendere delle spighe e mangiarne, perfino in questo giorno di riposo. 

 

Come seconda illustrazione, Gesù continua con un altro punto: “O non avete letto nella legge che in giorno di Sabato i sacerdoti nel tempio profanano il Sabato e non hanno colpa?” (Matt. 12:5). I sacerdoti continuano il loro lavoro di Sabato, e anzi in quel giorno hanno più da fare che negli altri giorni! Ma ciò non “profana” il Sabato, perché, per implicito, il tempio ha precedenza sul Sabato. Di nuovo, Gesù sta dicendo di trovarsi su un livello più alto perfino del Tempio: “qui vi è uno più grande del tempio” (v. 6). I diritti di Gesù sorpassano non soltanto quelli dei sacerdoti ma perfino il tempio stesso. Egli è più grande: più grande di Davide, più grande di Giona (v. 41), più grande di Salomone (v. 42), più grande del tempio (v. 6), e più grande perfino del Sabato (v. 8). Gesù giustifica le azioni dei Suoi discepoli in base alla Sua insuperabile signoria.[33] “Ciò non vuol dire che Gesù qui sta violando il Sabato o mettendolo da parte come parte della Torah, ma significa che Lui ha un’autorità tale da poterlo fare, ed in un certo senso mette in discussione il diritto dei Farisei di mettere in questione il Suo diritto di poterlo fare”.[34]

 

In questo punto della storia Gesù suggerisce soltanto il fatto che il Sabato sta essendo trasformato, ed in modo abbastanza significativo. Egli non specifica esattamente quale sia quel cambiamento, ma è impossibile pensare che la Sua signoria sul Sabato non sia esplicitata in qualche modo. Dire di avere autorità sul Sabato richiede una precisazione: che vuol dire? Abbiamo alcuni suggerimenti testuali riguardanti i cambiamenti che il Sabato avrebbe subito. Nel paragrafo precedente Gesù offre “riposo” a chi è affannato (Matt. 11:28), ed è in connessione a questo (“in quel tempo”, 12:1) che Gesù asserisce la Sua signoria sul Sabato. Matteo sembra implicare che il “riposo” che Gesù offre è quello che il Sabato aveva sempre indicato. Qui, in Gesù, il Sabato trova il suo più vero significato. Marco presenta questo incidente in termini più esplicitamente storico-redentivi. La questione del digiuno era usata per mostrare qualcosa del significato epocale della persona e presenza di Gesù sulla terra e della novità dell’epoca messianica (2:18-22, la questione del digiuno, nuovo panno e nuovi otri). Il cambiamento epocale marcato dalla venuta di Gesù Cristo ebbe ramificazioni perfino con riguardo al giorno di Sabato e in che modo esso è osservato in questa nuova epoca. Il Signore Gesù ha inaugurato un’epoca in cui il riposo promesso da Dio è realizzato. I dettagli più precisi di ciò debbono aspettare gli scritti apostolici (vedi sotto), ma il nostro Signore Stesso qui pone le basi per quell’insegnamento apostolico. L’affermazione, in quanto tale, né conferma né proibisce la continuazione dell’osservanza del Sabato in termini espliciti. Ma, in modo enfatico, afferma il diritto inerente di Gesù di fare con la legge come vuole, e così getta, in modo implicito ma chiaro, un fondamento per un cambiamento epocale a venire. L’arrivo del Figlio di Dio ha per sempre cambiato l’intero significato del giorno di Sabato. Egli ha portato quello che esso anticipava. 

 

Molto stesso erano le guarigioni di Gesù in giorno di Sabato che davano adito a controversie (e.g. Matt. 12:8-14; Marco 3:1-6; Luca 6:6-11; 13:10; 14:1-6; Giovanni 9:1-41). Brown asserisce che Gesù “guariva in giorno di Sabato di proposito” ma non supporta esplicitamente questa affermazione.[35] Dopo nota che Gesù intende dimostrare la Sua signoria sul giorno, e questo potrebbe essere una base per la sua affermazione. Gesù osservava che era “necessario” (dei) che la donna con lo spirito di infermità fosse guarita in giorno di Sabato e Moo conclude da ciò che “Gesù considerava il giorno come un tempo particolarmente appropriato per il Suo ministero di guarigione”.[36] Sembrerebbe, quindi, che le guarigioni di Gesù in giorno di Sabato sono designate per illustrare il riposo e il rilascio dalla “prigionia” satanica (Luca 13:16) che Gesù ha portato con la Sua venuta e che era tipizzata nel Sabato. L’enfasi di Gesù in questi passaggi, tuttavia, generalmente ricade sulla durezza delle regolazioni rabbiniche e l’appropriatezza, d’altro canto, di fare del bene in qualsiasi giorno della settimana, incluso il Sabato. 

 

In Giovanni 5:1-18, tuttavia, vi è un’ulteriore svolta. L’enfasi di Gesù qui è simile a quello di Matteo 12:1-8 (e paralleli): è Suo inerente diritto determinare ciò che è buono in giorno di Sabato. “Il Padre mio ha operato finora, ed io ho operato” (Gv. 5:17). Inoltre, la Sua superiore autorità tocca non soltanto il Suo comportamento di Sabato, ma anche quella degli altri (ovvero, l’uomo a cui Gesù ordinò di alzarsi e portare il suo lettino). Oltre a ciò, la funzione illustrativa delle Sue guarigioni è qualcosa che Gesù Stesso nota. Questa particolare malattia era evidentemente dovuta al peccato (v. 14), e quindi “questa cura di Sabato è più direttamente correlata all’opera soteriologica per cui l’Agnello di Dio venne nel mondo (1:29)”.[37] Questa è l’opera sia di Gesù che del Padre, un’opera che, Gesù dice, entrambi stavano facendo già da qualche tempo. Presumibilmente, quindi, l’affermazione “Il Padre mio ha operato finora, ed io ho operato” (Gv. 5:17), indica la caduta dell’umanità nel peccato e fa riferimento a Genesi 3:15, e all’opera di redenzione e riposo che Dio ha intrapreso fin da allora. Presuppone, inoltre, una concezione soteriologica/escatologica di Genesi 2:2-3.[38] Questa è l’opera del Padre che Gesù venne a compiere (Giovanni 4:34; 9:4), ed è un’opera di redenzione (Giovanni 6:37-40). “Finora” sembra implicare che l’opera sta per essere a breve completata, questo viene affermato dopo, quando l’opera sarà “compiuta” quando muore alla croce (Giovanni 19:30; cf. 17:4).  Con queste connessioni ben ferme in mente, abbiamo un’indicazione più chiara del significato del Sabato: esso indicava un’opera compiuta da Dio nel provvedere la redenzione e il riposo salvifico per il Suo popolo attraverso la morte del Suo Figlio. 

 

 

L’epistola agli Ebrei: entrare nel riposo

 

Ebrei 3:7-4:13 conferma il nostro corretto tracciamento di questo tema. Primo, lo scrittore ispirato connette in modo esplicito il riposo di cui godiamo per fede in Cristo (4:2, 6) con il riposo creazionale di Dio (vv. 3-4), col riposo della terra sotto Giosuè (v. 5), e col riposo del Sabato (sabbatismos, v. 9). Per lo scrittore agli Ebrei, quindi, questa osservazione sorge da una semplice lettura cronologica della Bibbia. Egli nota che nel Salmo 95:7b-11 il salmista invita il popolo del suo giorno a partecipare a quel riposo che fu perduto dalla prima generazione del deserto a motivo della loro ribellione e incredulità. Egli nota inoltre che il salmista inserisce la parola “oggi”. Da questo ragiona che dal momento che nel giorno del salmista (decimo secolo a.C.) il riposo di Dio era ancora disponibile, allora chiaramente il riposo di Giosuè, benché una cosa sola con esso, non lo esaurì (v. 6). Egli inoltre conclude che questa offerta del riposo di Sabato (sabbatismos, v.9) “rimane” per noi “oggi”. Nel chiamare il riposo creazionale un “riposo sabbatico” (v.9) egli connette le idee del riposo creazionale, il riposo sabbatico, il riposo di Canaan, e il riposo salvifico che è ancora disponibile. 

 

Vi sono indicatori che questo riposo include ancora dell’altro, una benedizione futura di cui tutte queste precedenti non sono state che una pregustazione.[39] Questo riposo “rimane” per il popolo di Dio (v. 9). Questo riposo è quello di Genesi 2:3 (v. 9), ovvero è il goal finale per cui la storia fu creata fin dal principio. Anche il verso 11 ci parla del prospetto che il credente ha del riposo (“siamo diligenti quindi ad entrare in quel riposo, e che nessuno cada secondo lo stesso esempio di disubbidienza”). Il concetto è escatologico, e tutti questi “riposi” precedenti non sono che indicatori ed esempi di esso.[40] Il punto è che questo riposo è disponibile “oggi” per chi crede (v. 2) e “cessa dalle proprie opere” (v. 10). Così lo scrittore agli Ebrei, come il salmista, estende lo stesso invito insieme allo stesso avvertimento: “il vangelo è predicato a voi e questo riposo è diponibile, state attenti a non farvelo sfuggire con l’incredulità come fecero quelli”. Tutto questo equivale è a dire che il Sabato creazionale raffigura un riposo che Dio intendeva condividere con l’umanità redenta; tutti i “riposi” nei giorni di Sabato avevano altresì questo come loro scopo. “Oggi” il riposo della salvezza, sì, il riposo dell’eschaton, è disponibile per chi cessa dalle proprie opere e crede. 

 

 

Conclusione

 

Varie idee hanno trovato fin qui convergenza: opera compiuta, riposo, Sabato, pace, Cristo, redenzione, cessazione di opere, fede – tutto questo è ripreso nel concetto del riposo che fu annunciato in origine al termine della settimana creazionale. E’ difficile non notare altre connessioni, come quelli dei passaggi sulla “nuova creazione” nella Epistole (II Cor. 5:17; Ef. 2:10). Inoltre, è indubbiamente non una coincidenza che fu nel sesto giorno della settimana che Gesù compì l’opera divina della redenzione (Marco 15:42). Inoltre, a differenza dei sacerdoti mosaici che devono “stare a ministrare quotidianamente ed offrire gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati” (Ebr. 10:11), Gesù “si assise” avendo terminato l’opera della redenzione “una volta per sempre” (Ebr. 9:12; 10:12; cf. 1:2). La redenzione è fatta, e il riposo ora può essere goduto. “Nessun’opera permessa” è la parola chiave di questa nuova creazione. “Non sollevate nemmeno un rametto!” “Nessuna raccolta di manna oggi! Dio ha provvisto tutto quello di cui abbiamo bisogno, confidate in Lui!” “Nessuna semina o mietitura quest’anno, Dio ha dato abbastanza, credeteci!” “Ecco, ora è il tempo accettevole, ecco, ora è il giorno della salvezza!” (II Cor. 6:2). “Non operate” Dio dice, “confidate in me”. Soltanto colui che “non opera ma crede in Colui che giustifica l’empio” (Rom. 4:5) entra in questo riposo. Questo riposo è una celebrazione dell’opera di Dio, un’opera intrapresa tanto tempo fa ed ora compiuta e realizzata nel Signore Gesù Cristo. L’invito è alla fede nel Signore Gesù Cristo e nella Sua opera che salva. Con le parole dell’inno:

 

Non più, mio Dio, il vanto mio

È il dover che ho fatto io

Lascio ciò in cui speravo pria

La mia fiducia in Cristo sia!

 

Qualsiasi opra di mia man

Non oso innanzi a te portar

Solo la fé mi può donar

La Tua giustizia eterna[41]

 

 

Osservare il Sabato oggi

 

Questo è il significato del Sabato da quando esso ha raggiunto il suo adempimento nel Signore Gesù. Roberto Garner, un battista inglese del diciassettesimo secolo, scrisse: 

 

Quindi per Sabato qui dobbiamo capire soltanto il Signore Gesù, Che Solo è il Sabato, è il Riposo dei credenti sotto il Vangelo. E osservare questo Sabato senza violarlo significa credere in Lui soltanto per ottenere la giustizia. Perché fare qualsiasi opera per cercare la giustizia o la pace o la riconciliazione con Dio, significherebbe contaminare questo Sabato, questo Riposo. Soltanto per mezzo di Lui, credendo in Lui, si entrerà in un riposo glorioso ed eterno.[42]

 

E’ qui che il Sabato trova il suo vero significato e soltanto riposando per fede in Lui osserviamo veramente quello che il giorno simbolizzava. Come la circoncisione (Col. 2:11) la festa dei tabernacoli (Giov. 7:37) il Sabato di Giubileo (Luca 4:16-21), le città di rifugio (Ebr. 6:18), la Pasqua (I Cor. 5:7), il giorno dell’espiazione (Ebr. 10:1-14), e tutte le antiche istituzioni mosaiche, il Sabato ha raggiunto il suo adempimento in Cristo (Col. 2:17; Ebr. 4), ed è confidando in Lui che preserviamo il suo vero significato per oggi. Giustino Martire suggerisce questa interpretazione nella sua critica di Trifo il Giudeo:

 

Tu hai ora bisogno di una seconda criconcisione, benché ti glori grandemente nella carne. La nuova legge richiede che tu osservi il sabato perpetuo, e tu, perché ti peni per un giorno, supponi di essere pio, non discernendo il motivo per cui questo giorno ti fu comandato.[43]

 

Proprio come il tempio, con tutti i suoi rituali e tutto il suo sistema sacrificale lascia spazio a Cristo, la realtà a cui esso puntava fin dall’inizio, così anche il Sabato. Queste istituzioni mosaiche non vengono così annullate, ma adempiute! Inoltre, è il nostro Signore Stesso che ci ha condotto in questa direzione: “egli redirige l’attenzione dalla legge a se stesso, il Signore del Sabato, e così pone in essere il principio su cui la chiesa poi avrebbe giustificato il suo allontanamento dall’osservanza del Sabato”.[44]

 

Soltanto questo può spiegare il modo quasi spregiudicato in cui gli apostoli scrissero dell’abrogazione del Sabato. Il fratello più forte non osserva alcun giorno come più santo di un altro (Rom. 14:1-6) e nessuno deve essere giudicato in tali termini (Col. 2:16). L’ombra ha fatto spazio alla sostanza (Col. 2:17), e noi faremmo quindi bene a non guardare indietro ai “deboli e poveri elementi” (Gal. 4:9-11) dell’Antico Patto. Il segno e sigillo dell’Antico Patto ha fatto spazio alla realtà di Cristo nel Nuovo Patto (Matt. 26:28). Il Sabato non ha più significato come giorno in quanto tale, ma il suo significato si trova adesso in quello che indicava fin dall’inizio: Colui che dà riposo (Matt. 11:28) e in cui abbiamo cessato dalle nostre opere (Ebr. 4:10). Per chi riposa in Cristo ogni giorno è un Sabato (cf. Rom. 14:5). 

 

 

Osservare il Sabato per sempre

 

A differenza degli empi che seguono la bestia, e che alla fine “non hanno riposo giorno e notte per sempre” (Ap. 14:11) noi che abbiamo seguito l’Agnello un giorno troveremo “riposo dalle nostre fatiche” (Ap. 14:13) nella presenza stessa di Dio (Ap. 21:3). Tutte le fatiche e i dolori di questa vita “non saranno più” (Ap. 21:4; 22:3, 5). Le allusioni ad Eden che Giovanni fa alla fine del libro di Apocalisse (e.g. la sposa, l’albero, il fiume) suggeriscono la pienezza del riposo che attende il ritorno di Colui che dà riposo. La storia raggiungerà il suo obiettivo, e in quel giorno la pienezza del riposo sarà realizzata nel suo “luogo glorioso di riposo” (Is. 11:9-11).

 

Traduzione di F. De Lucia dall'articolo originale 

 

Note

[1] G. von Rad, Genesis, 60. Citato in Derek Kidner, Genesis (rist. Downers Grove, IL: InterVarsity Press, 1979), 53. Questa ovviamente è l’interpretazione data dall’autore di Ebrei (3:7-4:13).

[2] Donald Grey Barnhouse, Genesis (Grand Rapids: Zondervan Publishing Co., 1976), 14. Vedi anche James M. Boice, Genesis, vol. 1 (Grand Rapids: Baker Book House, 1982), 104. 

[3] Alla luce di questo, la veduta che Genesi 2:1-3 stabilisce e ingiunge l’osservanza del Sabato come un’ordinanza creazionale, che sia giusta o sbagliata in sé, sembra non cogliere il punto principale. Von Rad si pronuncia più marcatamente: “sarebbe un completo fraintendimento del passaggio” (Old Testament Theology, vol. 1; citato da Ralph Smith, Old Testament Theology [Nashville: Broadman & Holman Publishers, 1993], 185). Qui non si trova alcun comandamento riguardante l’osservanza del giorno di Sabato, né viene associata a questo giorno alcun significato religioso per quanto riguarda l’obbligo o il comportamento dell’uomo. Non si fa menzione alcuna quanto al peso che questo giorno ha, se ne ha, sull’uomo. Vedi James M. Boice, The Gospel of John, vol. 2 (Grand Rapids: Baker Book House, 1985), 368. Il passaggio rivela che Dio si riposò il settimo giorno e che gli conferì un significato speciale, sacro. Insieme a ciò abbiamo un suggerimento riguardo al proposito di Dio di estendere questo riposo al di fuori di Sé. Vi è una nota di aspettativa. Ma oltre questo il testo non va. Una base esegetica per il Sabato come “ordinanza creazionale” deve quindi essere rintracciata altrove. 

[4] Gustav Friedrich Oehler, Theology of the Old Testament, trad. George E. Day (1873; rist., Minneapolis: Klock & Klock Christian Publishers, 1978), 332. 

[5] Keil and Delitsch, Commentary on the Old Testament, vol. 1 (rist., Grand Rapids: Wm. B. Eerdmans Publishing Co., 1986), 70.

[6] Sono meramente speculativi i tentativi di trovare un riferimento all’osservanza del Sabato nell’espressione “alla fine dei giorni” (miqes yamim/met hemeras, Gen. 4:3). Vedi I Re 17:7, dove abbiamo l’espressione identica e che connota, semplicemente, “nel corso del tempo”, “molti giorni dopo”, e simili. Cf. Geremia 13:6. 

[7] Cf. Warfield, “The Sabbath in the Word of God”, 311. 

[8] Alcuni difendono la posizione che la parola “ricordati” (Esodo 20:8) indica che il giorno era osservato prima che questo comando fu dato, forse fino ad arrivare alla settimana creazionale. Ma ciò è porre su questa parola un peso può grande di quello che può portare, particolarmente alla luce del fatto che non vi è evidenza in Genesi 2 che questo comando risalga a quel tempo. “Ricorda!” è un comune modo di esprimere comandi, cosa che ogni genitore riconoscerà immediatamente. Così anche nella Scrittura essa può semplicemente connotare “osserva”, o “obbedisci” o “agisci conformemente a” (Lev. 26:42, 45; Giud. 8:34; Eccl. 12:1, 6 [cf. 13-14]; Ger. 14:21; Amos 1:9; Mal. 4:4; Luca 1:72; Ebr. 13:7). Questo è il motivo per cui quando Mosè ripete il comando del Sabato in Deuteronomio 5:12 egli usa semplicemente la frase appositiva “osservare” o “mettere in pratica” che serve a definirla (Num. 15:39-40; Sal. 103:18; I Cor. 11:2). Non è necessario leggere altro che questo nel comandamento (Es. 20:8). La parola “ricorda” da sé non richiede alcuna osservanza precedente al comando dato in Esodo, e forse fa riferimento al comando dato per la prima volta in Esodo 16. Ma qui dobbiamo notare che in Esodo 20 Mosè diede istruzione sul come doveva ricordarsi il Sabato: Dio proibì ogni lavoro. Questo sembra essere una legislazione del tutto nuova ed inedita. Infine, Neemia 9:14 afferma specificamente che il Sabato fu “fatto conoscere” ad Israele al Sinai. Quando si considera tutto questo, il comando di “ricordare” il giorno di Sabato non sembra riflettere un’osservanza precedente che risalga ad un’ordinanza creazionale. 

[9] Meredith Kline, The Structure of Biblical Authority (1989; rist., Eugene, OR: Wipf & Stock, 1997), 120. 

[10] Boice è più diretto: “E’ difficile vedere cos’altro possa essere se non un pregiudizio ad applicare quelle parole a qualsiasi altra nazione che non sia Israele o non capire il fatto che il sabato era una parte della legge mosaica e in quanto tale intendeva distinguiere la nazione di Israele dalle altre”. Boice, The Gospel of John, vol. 2, 369. 

[11] La continua violazione dell’anno sabatico da parte di Israele per un periodo di approssimativamente cinque secoli significò che il popolo aveva un debito sabatico di settanta’anni al Signore, che per questo motivo Israele pagò con l’esilio di settant’anni a Babilonia (II Cron. 36:21; Ger. 25:11; cf. Ez. 20:10-26).  

[12]Paul R. House, Old Testament Theology (Downers Grove, IL: InterVarsity Press, 1998), 146. 

[13] Per questo il plurale “Sabati” (Lev. 19:3, 20).  

[14] “Noè” significa “riposo”. “Conforto” è la traduzione di nuah/dianapauo. Cf. il gruppo di parole nuah sotto. Notate anche l’eco di Genesi 3:15ss. 

[15] I termini primari per parlare di “riposo” sono nuah/menuhah, e poi saqat che la Settuaginta traduce con katapauo e a volte con kopazo o hesuchazo. Vedi Walter C. Kaiser, Jr., “The Promise Theme and the Theology of Rest,” BibSac (April 1973), 4-51. 

[16] Cf. Kaiser, “Promise Theme”, 140.  

[17] A. T. Lincoln, “Sabbath, Rest, and Eschatology in the New Testament” in Carson, From Sabbath to Lord’s Day, 208.

[18] Cf. Kaiser, “Promise Theme”, 140, 148-149.  

[19] Kaiser, “Promise Theme”, 142-3. 

[20] The International Standard Bible Encyclopedia, alla voce “sabbath”.  

[21] Moo, “The Law of Christ as the Fulfillment of the Law of Moses”, 354.  

[22] D. Edmond Hiebert, Mark: A Portrait of the Servant (Chicago: Moody Press, 1974), 77.  Per una lista di trentanove classi di lavori proibiti estrapolati dalla proibizione di Esodo 34:21, vedi Mishna Shabbath 7.  

[23] Nemmeno al processo di Gesù fu apportata contro di Lui l’accusa di aver violato il Sabato. Egli visse “sotto la legge” con successo (Gal. 4:4). 

[24] Questo riferimento all’attività “illecita” di Davide sembra permettere, almeno per il momento, la validità dell’accusa. Wilson, Luke and the Law, 33. 

[25] Così afferma la tradizione rabbinica; vedi B. Men. 95b.  

[26] Cf. Ezra P. Gould, A Critical and Exegetical Commentary on the Gospel According to Mark, ICC (NY: Charles Scribner’s Sons, 1913), 50. Né l’affermazione dà peso all’idea che il Sabato fosse un’ordinanza creazionale, e forzare la parola egeneto in tal modo sarebbe ingiustificato. Vedi M. Max B. Turner, “The Sabbath, Sunday, and the Law in Luke/Acts,” in Carson, From Sabbath to Lord’s Day, 103.  

[27] Vedi Dictionary of Jesus and the Gospels, ed. Joel B. Green e Scot McKnight, alla voce “sabbath”.  

[28] Wilson, Luke and the Law, 33. Wilson poi continua in questa vena: “La direzione generale, tuttavia, sembra chiara: i discepoli disubbidiscono la legge del sabato e Gesù definisce la loro azione alludendo all’AT e, soprattutto, rifacendosi alla Sua personale autorità che implicitamente gli conferisce il diritto di osservare o meno i comandamenti sul Sabato” (p. 35).  

[29] Warfield, “The Sabbath in the Word of God”, 310.  

[30] Turner, “Sunday, the Sabbath, and the Law in Luke/Acts”, 113. 

[31] Citato in Carson, From Sabbath to Lord’s Day, 65.  

[32] “Quindi” (hoste) identifica l’affermazione del v. 28 come una conclusione che è stata raggiunta da quanto è venuto in precedenza. Marco esplicitamente afferma che il passaggio intende mostrare l’autorità di Cristo. Vedi anche Boice, The Gospel of John, vol. 2, 364-5.  

[33] Notate la congiunzione esplicativa “perché” (gar), Matteo 12:8. 

[34] Carson, “Jesus and the Sabbath in the Four Gospels” in From Sabbath to Lord’s Day, 67.  

[35] Michael L. Brown, Israel’s Divine Healer (Grand Rapids: Zondervan Publishing House, 1995), 221.  

[36] Douglas Moo, “Jesus and the Authority of the Mosaic Law”, JSNT 20 (1984), 17.  

[37] Carson, “Jesus and the Sabath in the Four Gospels”, 81.  

[38] Lincoln, “Sabbath, Rest, and Eschatology,” 204. 

[39] La prospettiva escatologica del Salmo 95 è stata già notata. Per maggiori dettagli, vedi Kaiser. “Promise Theme,” 142-3. Anche Thomas Kem Oberholtzer, “The Kingdom Rest in Hebrews 3:1 - 4:13” in BibSac 145, no. 578 (April 1988), 187-8.

[40] Nota anche Apo.. 14:13 (anapauo).

[41] Traduzione di F. De Lucia

[42] Robert Gardner, A Treatise on Baptism, (1645; reprint, Paris, AR: The Old Faith Baptist Church, n.d.), 30.

[43] Giustino Martire, Dialogo con Trifo, cap. 12. Il capitolo è intitolato “I Giudei violano la legge eterna e interpretano male quella di Mosè”. 

[44] Moo, “The Law of Christ as the Fulfillment of the Law of Moses”, 356. 

bottom of page