La Casa di Dio
Lo schema interpretativo dispensazionalista alla luce della Scrittura
Parte seconda
Kevin Daly
Le affermazioni del Nuovo Testamento
“Un problema basilare che vedo nel tuo principio ermeneutico è che sembra che tu usi il Nuovo Testamento per interpretare quanto dice l’Antico Testamento, ma credo questo sia il modo sbagliato di approcciare la cosa”
Fruchtenbaum
La Scrittura deve essere interpretata secondo i suoi propri requisiti. Van considerate le seguenti cose: Cosa dice di essere il Nuovo Testamento? Dice di essere una più piena e completa rivelazione di cose già rivelate in precedenza? Presenta sé stesso come la rivelazione decisiva di Dio all’uomo, in altre parole, come quella rivelazione che intende risolvere una volta e per sempre tutto quello che Dio aveva programmato dall’inizio? Proclama l’adempimento di quello che Dio aveva promesso in precedenza? Rispondere affermativamente a queste domande richiede che leggiamo l’Antico Testamento alla luce del Nuovo.
In alternativa, è giusto dire che il Nuovo Testamento non fa altro che applicare Scritture precedenti al suo proprio messaggio, un messaggio che è supplementare o separato dalla rivelazione precedente? Il Nuovo Testamento si riferisce all’Antico Testamento aneddotalmente quando dice di star adempiendo le sue promesse? Il Nuovo Testamento forse adempie nuove promesse basate su precedenti promesse originarie dell’Antico Testamento? Quando il Nuovo Testamento dice di rivelare quello che si intendeva o capiva nell’Antico Testamento sta meramente suggerendo una tra varie possibili interpretazioni? Una risposta affermativa a queste domande supporterebbe il modo interpretativo del Dr. Fruchtenbaum.
Primo: cos’è il Nuovo Testamento?
Il Nuovo Testamento comprende gli scritti stabiliti divinamente che testimoniano della vita, insegnamenti, morte, risurrezione ed intronamento in gloria del Cristo eterno. Descrive anche le implicazioni di questi eventi per l’umanità, lo schema del perdono e della salvezza che Dio ha operato in essi e le conseguenze che ne seguono, ovvero la riconciliazione e vita eterna per coloro che credono e la condanna per coloro che non credono. Questa testimonianza proclama Gesù come:
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Colui mediante il quale e per il quale l’universo fu creato (Col. 1:16);
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La Parola di Dio, la pienezza e la completezza della Sua rivelazione all’uomo (Col. 1:25; Ebr. 1:1);
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L’adempimento di tutte le promesse di Dio (II Cor. 1:20) ed il mezzo mediante il quale l’eterno proposito di Dio è stato realizzato (Ef. 3:11);
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L’eterno piano di Dio di riconciliare tutte le cose a Sé (Col. 1:20; I Pt. 1:20);
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L’esaltato e glorificato Re che governa dal Cielo, angeli e potenze stesse essendogli sottoposti (I Pt. 3:22).
Il Nuovo Testamento proclama il successo assoluto della missione di Gesù:
E, senza contraddizione, grande è il mistero della pietà: Colui che è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra i Gentili, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria (I Tim. 3:16).
Gesù completò l’opera che il Padre gli diede da fare (Gv. 17:4). Perfino la Sua reiezione da parte del segmento infedele di Israele era intesa come una conseguenza della Sua missione (Mt. 11:25-26; I Pt. 2:8).
Gesù è proclamato essere la Sapienza di Dio, ed in lui sono contenuti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza (Cl. 2:3). Dobbiamo sapere questo perché nessuno ci inganni con argomenti persuasivi di sapienza umana (Col. 2:4). In Gesù tutte le cose si tengono insieme (Col. 1:17). Tutte le cose includono la Scrittura.
Il Nuovo Testamento descrive quelli che leggono l’Antico Testamento senza la luce di Cristo come velati, “ma quando ci si sia convertiti al Signore, il velo è tolto via” (II Cor. 3:15-16).
La testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia (Ap. 19:10), e come ha detto Adam Clarke:
Lo spirito della profezia è una testimonianza generale concernente Gesù, perché Lui è lo scopo ed il design dell’intera Scrittura; a lui diedero testimonianza tutti i profeti. Si tolgano Gesù, la Sua grazia, Spirito e religione alla Bibbia, ed essa non ha né scopo, design, oggetto o fine[1]
Il Talmud afferma una cosa simile: “Tutti i profeti profetizzavano di niente se non dei giorni del Messia”[2] In che modo, quindi, la rivelazione di Cristo (il messaggio del Nuovo Testamento) deve influenzare la nostra interpretazione dell’Antico? Consideriamo alcune delle affermazioni principali del Nuovo Testamento:
a) La luce di Cristo eclissa quella dei profeti dell’Antico Testamento
Dio parlò ai profeti dell’Antico Testamento in enigmi, attraverso “sogni e visioni” (i.e. non chiaramente o letteralmente) ma parlava a Mosè faccia a faccia (Num. 12:6-8).
La maggior chiarezza della rivelazione di Dio a Mosè richiede che le profezie posteriori siano lette alla Sua luce. Gesù fu trovato degno di maggior onore di Mosè, proprio come il costruttore di una casa ha maggior onore della casa stessa (Ebr. 3:3). In Gesù “abbiamo la parola profetica più sicura, e farete bene a prestarle attenzione come ad una lampada che splende in un luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella del mattino sorga nei vostri cuori” (II Pt. 1:19).
La luce della profezia dell’Antico Testamento (nell’allegoria di stelle che brillano nella notte) è prima eclissata dalla lucente Stella del Mattino (cf. Ap. 22:16) e poi è resa invisibile (del tutto superata) dalla luce dell’alba.
Gesù rivela la realtà a cui si alludeva nei tipi ed ombre dell’Antico Testamento. Ciò che era compreso in precedenza solo per analogia ed allusione diviene abbondantemente chiaro in Lui. Chi crede ed ha il cuore aperto alla Sua verità riesce ora ad ottenere la luce della conoscenza della gloria di Dio nel volto di Cristo (II Cor. 4:6).
b) Il vangelo del regno soprassiede la Legge e i Profeti
La Legge e i Profeti erano proclamati fino a Giovanni, e da quel momento è predicata la buona notizia del regno di Dio, ed ognuno vi entra con violenza (Lu. 16:16).
La buona notizia ad Israele era che il tempo del favore di Dio, promesso e menzionato in tutto l’Antico Testamento, era imminente. Il Regno di Dio arriva quando la speranza delle epoche di ottenere il perdono e la riconciliazione col Padre è assicurata dall’opera del Figlio. L’ascesa di Cristo in cielo, il Suo intronamento e rivelazione in gloria, inaugurano l’Era Messianica. Il regno di Dio viene in terra come è in cielo quando gli individui rispondono al Suo amore e arrendono volontariamente i loro cuori ribelli alla Sua perfetta volontà ed autorità.
Quelli che si correlano a Dio correttamente in tal modo sono co-eredi con Cristo della ristorazione di tutte le cose (At. 3:21), che è la speranza dei redenti. L’aspettativa mondana che gli ebrei saranno ristorati in uno Stato geopolitico e godranno di benefici perituri in questo mondo mortale è eclissata quando emerge questa realtà ultima: il nostro ritorno in Paradiso, la ristorazione piena e perfetta di tutte le cose compiuta da Dio, l’incorruttibile eredità nello stato eterno. I fedeli non devono più guardare a cose ora visibili, perché esse stanno passando via per sempre (II Cor. 4:18).
L'evangelo del regno è la buona notizia dell’adempimento della speranza e delle promesse dell’Antico Testamento (At. 13:32). All’alba del regno di cui esse testimoniano, la Legge e i Profeti cessarono di essere proclamati (Lu. 16:16). Questo non sarebbe accaduto se l’evangelo fosse soltanto un adempimento parziale, o un adempimento analogico delle promesse e delle predizioni dell’Antico Testamento. In quel caso la proclamazione delle Scritture precedenti di certo non sarebbe terminata, ma avrebbe dovuto continuare in tandem con l’evangelo per poter sostenere le nostre aspettative ed equipaggiarci per l’adempimento di quelle promesse e predizioni dell’Antico Testamento che devono ancora essere adempiute in futuro.
L’apostolo Pietro che, secondo Fruchtenbaum, scrisse esclusivamente ai Giudei assicurò i recipienti della sua lettera del fatto che stavano ricevendo il fine della loro fede, ovvero la salvezza delle loro anime. La loro speranza era un’eredità viva in vista di una eredità incorruttibile, immacolata ed immarcescibile, conservata ne’ cieli [non sulla terra] per voi, che dalla potenza di Dio, mediante la fede, siete custoditi per la salvazione che sta per esser rivelata negli ultimi tempi (I Pt. 1:4-5).
c) Il Nuovo Patto rimpiazza l’Antico
Israele non poté ottenere mediante la legge mosaica contenente i termini del patto sinaitico la giustizia necessaria per poter entrare nel regno di Dio. Un nuovo e migliore patto fu per questo stabilito con Israele, il quale patto rese il precedente obsoleto (Ebr. 8:6-13).
Quel che nel primo fu reso glorioso, non fu reso veramente glorioso, quando lo si confronti colla gloria di tanto superiore del secondo (II Cor. 3:10). Quanto era venuto prima stava gradualmente scomparendo finché scomparve del tutto.
d) L’opera dello Spirito Santo
L’uomo comprende le intenzioni di Dio solo quando lo Spirito Santo le rivela all’uomo. L’uomo senza lo Spirito non può discernere le cose profonde di Dio, perché sono per lui follia, e non può capirle, perché devono discernersi spiritualmente (II Cor. 2:14).
Lo spargimento dello Spirito Santo a Pentecoste avrebbe naturalmente portato a comprensione delle profezie precedenti e degli eterni propositi di Dio di gran lunga maggiore, come Dio non aveva permesso in precedenza che fossero visti o conosciuti. Come profetizzato da Isaia: in quel giorno i sordi udranno le parole del rotolo, e dal buio e dalle tenebre gli occhi dei ciechi vedranno.
Noi esponiamo la sapienza di Dio misteriosa ed occulta che Dio aveva innanzi i secoli predestinata a nostra gloria, e che nessuno de’ principi di questo mondo ha conosciuta; perché, se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, com’è scritto: Le cose che occhio non ha vedute, e che orecchio non ha udite e che non son salite in cuor d’uomo, son quelle che Dio ha preparate per coloro che l’amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; perché lo spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio (I Cor. 2:7-10).
Gesù insegnò a Nicodemo: a meno che un uomo sia nato di nuovo, non può vedere il Regno di Dio (Gv. 3:3). Abbisogniamo dello Spirito di sapienza e rivelazione (Ef. 1:17; Is. 11:2) per capire ciò che Dio ci ha liberamente donato (II Cor. 2:12). Lo Spirito stesso attesta insieme col nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio; e se siamo figliuoli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se pur soffriamo con lui, affinché siamo anche glorificati con lui (Rom. 8:16-17).
Esempi di affermazioni del Nuovo Testamento sul significato dell’Antico
Il Nuovo Testamento insiste per quanto concerne Gesù che tutti i profeti testimoniavano di lui (At. 10:43) e Gesù dice che Egli venne a adempiere tutti i profeti, a soddisfare tutte le loro aspettative e requisiti (Mt. 5:17).
Gli Scribi e i Farisei erano condannati per aver fallito di riconoscere Gesù dai Libri di Mosè, e non per averlo rigettato come una “rivelazione susseguente”. Non crediate che io sia colui che vi accuserà davanti al Padre; v’è chi v’accusa, ed è Mosè, nel quale avete riposta la vostra speranza. Perché se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me. Ma se non credete agli scritti di lui, come crederete alle mie parole? (Gv. 5:45-47).
Quando Gesù afferma che Mosè scrisse di lui, sta parlando del significato originale dell’Antico Testamento, di ciò che Dio intendeva dire fin dall’inizio. Gesù non stava dicendo che doveva essere riconosciuto in base ad un significato ancillare o derivativo di queste scritture, perché in quel caso i Farisei potevano essere scusati se fallivano di percepire queste cose.
Sulla base delle loro vedute “contestuali esegetiche” dell’Antico Testamento i Farisei si aspettavano chiaramente un altro tipo di Messia, uno che avrebbe governato in questo mondo mortale per portare la ristorazione ed elevazione geopolitica dell’Israele etnico. Gesù non encomiò gli Scribi e i Farisei per una tale aspettativa, non disse loro che questa aspettativa era del tutto legittima e che sarebbe stata soddisfatta più di duemila anni più tardi. Anzi, furono dati loro quarant’anni per ravvedersi della loro incredulità prima che Gerusalemme fosse distrutta nel tempo del giudizio di Dio nell’anno 70 d.C.
Se quindi la luce in te è tenebre, quanto grandi saranno quelle tenebre! (Mt. 6:23)
Paolo eguaglia il vangelo del regno con la promessa fatta ad Abraamo. Quando Paolo asserisce che Dio annunziò il vangelo in anticipo ad Abraamo, dicendo “tutte le nazioni saranno benedette attraverso di te” ciò non è un’informazione supplementare che lascia l’intendimento della promessa originale non intaccato, ma ci dice cosa Dio voleva dire con quella promessa fin dall’inizio, ovvero che la Scrittura predisse che Dio avrebbe giustificato i Gentili mediante la fede (Gal. 3:8).
Similmente, Gesù spiegò: Abraamo, vostro padre, ha giubilato nella speranza di vedere il mio giorno; e l’ha veduto, e se n’è rallegrato (Gv. 8:56). La nostra concezione di quanto Abraamo capì dalla rivelazione divina nei suoi riguardi non può rimanere non intaccata se Gesù ci sta dicendo che il Recipiente di quella Promessa fissò la sua speranza sul giorno di Cristo. Nella lettera agli Ebrei impariamo che Abraamo fissò la sua speranza sulla città eterna (Ebr. 11:10, 16), che non ricevette quanto gli fu promesso prima di morire (Ebr. 11:13, 39), che credette nella risurrezione dai morti (Ebr. 11:19), e che riceverà quell’eredità promessagli soltanto insieme a noi credenti (Ebr. 11:40).
Chi professa di credere nel Nuovo Testamento non può semplicemente ignorare queste affermazioni per giungere ad una concezione diversa di come la promessa si deve adempiere o di cosa Abraamo capì al suo tempo di essa. Tuttavia, questo è proprio quello che David Pawson, un Sionista inglese, insegna, ovvero che la promessa di Dio che tutte le nazioni saranno benedette in te è stata adempiuta attraverso il contributo collettivo degli ebrei alla società, attraverso persone come Einstein, Freud e Barbara Streisand!
Se Gesù insegnò che la carne genera solo carne e che non giova a nulla (Gv. 3:6; 6:63) non possiamo semplicemente ignorare questo insegnamento e definire Israele etnicamente, come se invece la carne contasse eccome! Poiché i veri circoncisi siamo noi, che offriamo il nostro culto per mezzo dello Spirito di Dio, che ci gloriamo in Cristo Gesù, e non ci confidiamo nella carne ... Quelli hanno l’animo alle cose della terra ... ma la nostra cittadinanza è nei cieli (Fil. 3:3, 19, 20).
Discutiamo adesso il modo in cui Dio ha adempiuto le Sue promesse ad Israele.
Israele e le promesse di Dio
L’ Antico Testamento promette una salvezza nazionale di Israele, promette una ristorazione naturale in cui gli Ebrei vivranno in pace nell’interezza della Terra Promessa, e niente nel Nuovo Testamento può cancellare quelle promesse divine incondizionate, e se lo fa diviene un documento fraudolento. Se procede a fornire informazioni supplementari, è un altro discorso.
Fruchtenbaum
Le “informazioni supplementari” fornite nel Nuovo Testamento rivelano con sicurezza il modo in cui le promesse dell’Antico Testamento sono adempiute. Paolo disse ai Giudei nella sinagoga ad Antiochia di Pisidia: E noi vi rechiamo la buona novella che la promessa fatta ai padri Iddio l’ha adempiuta per noi, loro figliuoli, risuscitando Gesù (At. 13:32-33).
In Genesi 17:8 vediamo che la Terra fu promessa ad Abraamo personalmente[3] come possedimento eterno. Siccome Abraamo è, secondo i termini della promessa originale, l’erede principale della Terra, la promessa non si può adempire se a vivere in pace nell’interezza della Terra Promessa in perpetuo sono i suoi discendenti ma non lui stesso!
Paolo spiegò ai Corinzi che carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è perituro ereditare ciò che è imperituro (I Cor. 15:50). Perché Dio adempisse la Sua promessa letteralmente, ovvero dare la Terra ad Abraamo così che lui e la sua discendenza la abitino come possedimento eterno, Dio dovrà risuscitarli in corpi immortali.[4]
Giacobbe e Giuseppe diedero entrambi istruzioni a che le loro spoglie mortali fossero trasportati dall’Egitto e seppelliti nella Terra Promessa.[5]
Dopo l’Esodo, alle tribù di Ruben, Gad e Manasse fu permesso di stabilirsi sull’altro lato del Giordano, in un’area precedentemente designata per Israele (Gs. 22:9). L’eredità di Israele era quindi espandibile. Alla conclusione dell’esilio, a Daniele fu detto di finire i suoi giorni a Babilonia invece di ritornare in Giudea: tu avviati verso la fine; tu ti riposerai, e poi sorgerai per ricevere la tua parte di eredità, alla fine de’ giorni (Dan. 12:13).
Il Nuovo Testamento rivela che Abraamo è in ultima analisi erede del mondo intero,[6] ovvero la nuova terra da essere rivelata quando il Messia ritornerà in gloria, dopo aver distrutto ogni dominio, autorità e potere (I Cor. 15:24), momento in cui accadrà anche che ciò che è perituro sarà rivestito dall’immortalità (I Cor. 15:54).
La distruzione del peccato è un prerequisito critico per la risurrezione. La ribellione dell’uomo contro Dio non può durare nello stato immortale, né può la pace perfetta e la gloriosa bontà di quella condizione essere messa a rischio dalla ribellione dell’uomo. La speranza della risurrezione che avevano i patriarchi era quindi precaria finché la soluzione al peccato fosse messa ad effetto. Una volta che Gesù sconfisse il peccato e la morte e divenne per noi il primogenito dai morti (I Cor. 15:20) quella speranza fu assicurata.
E tutti costoro [i patriarchi e gli uomini di fede di tutte le epoche], pur avendo avuto buona testimonianza per la loro fede, non ottennero quello ch’era stato promesso, perché Iddio aveva in vista per noi qualcosa di meglio, ond’essi non giungessero alla perfezione senza di noi (Ebr. 11:39-40).
La risurrezione di Gesù è essa stessa la prova assoluta che il peccato è conquistato, ed è la garanzia della nostra eredità nel mondo a venire. Il fedele può ora raggiungere la risurrezione con fiducia assoluta. Benedetto sia l’Iddio e Padre del Signor nostro Gesù Cristo, il quale nella sua gran misericordia ci ha fatti rinascere, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, ad una speranza viva in vista di una eredità incorruttibile, immacolata ed immarcescibile, conservata ne’ cieli per voi (I Pt. 1:3-4). Dalla vittoria sul peccato e la morte sorge la buona notizia che Paolo proclamava così enfaticamente ai Giudei: E noi vi rechiamo la buona novella che la promessa fatta ai padri Iddio l’ha adempiuta per noi, loro figliuoli, risuscitando Gesù (At. 13:32-33).
Lo Spirito è dato ai credenti come un deposito che garantisce quanto è da venire (II Cor. 5:5). Noi così partecipiamo nella benedizione di Abraamo quando in fede riceviamo la promessa dello Spirito (Gal. 3:14).
Chi è Israele?
L'identità di Israele, ovvero della discendenza di Abraamo e dei suoi co-eredi, è un ulteriore punto sul quale il Nuovo Testamento ha fatto grande luce. Se da un lato i dispensazionalisti si aggrappano tenacemente all’idea di un patto incondizionato che deve essere adempiuto specificamente per i discendenti naturali di Abraamo, il Nuovo Testamento si dà una gran pena di mostrare, in base all’autorità dell’Antico Testamento, che Israele è una nazione fondata dall’elezione divina e definita dalla sua fedeltà al Dio di Abraamo.
Il patto di Dio con Abraamo era condizionato alla fedeltà ed ubbidienza. Io sono il Dio Onnipotente, cammina dinanzi a me sii integro, ed io stabilirò il mio patto tra me e te (Gen. 17:1-2).[7] La medesima fedeltà era anche richiesta ai discendenti di Abraamo perché si adempisse la promessa: E l’Eterno disse: "Celerò io ad Abrahamo quello che sto per fare, giacché Abrahamo deve diventare una nazione grande e potente e in lui saran benedette tutte le nazioni della terra? Poiché io l’ho prescelto affinché ordini ai suoi figliuoli, e dopo di sé alla sua casa, che s’attengano alla via dell’Eterno per praticare la giustizia e l’equità, onde l’Eterno ponga ad effetto a pro d’Abrahamo quello che gli ha promesso" (Gen. 18:17-19).
Dopo che la fedeltà di Abraamo fu stabilita oltre ogni dubbio nel sacrificio di Isacco, Dio gli diede assoluta certezza della benedizione del patto, quando Egli gli giurò la sua eredità (Gen. 22:15-18). Dio promise ad Abraamo in modo irrevocabile
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discendenti numerosi come le stelle del cielo e come la sabbia della spiaggia;
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la tua discendenza possederà le porte dei suoi nemici;[8] e
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attraverso la tua discendenza tutte le nazioni sulla terra saranno benedette
Quando Giovanni il battista avverte i Farisei che “da queste pietre Dio può far sorgere dei figli ad Abraamo” (Mt. 3:9-10) egli sta semplicemente affermando quanto era già chiaro dalla storia dell’Antico Testamento: Dio avrebbe più facilmente fatto sorgere discendenti ad Abraamo dalle pietre che adempire il Suo giuramento attraverso dei discendenti naturali infedeli. I nostri progenitori furono tutti sotto la nuvola e passarono tutti attraverso il mare ... Tuttavia, Dio non si compiacque della maggior parte di loro, i loro corpi furono sparsi nel deserto (I Cor. 10:1-5).
Dio poteva ridurre Israele ad un singolo progenitore e comunque adempire la sua promessa ad Abraamo. Ciò fu dimostrato al tempo dell’Esodo quando Dio minacciò due volte di distruggere l’intera nazione e creare un nuovo Israele dal solo Mosè (Es. 32:10; Num. 14:12). Come adempimento postumo di questa minaccia, Gesù divenne, come se fosse, il solo progenitore di Israele sotto il Nuovo Patto.[9]
Quando il profeta come Mosè fu rivelato, tutti quelli che non ricevettero la parola che Dio pronunciò attraverso la sua bocca furono del tutto tagliati fuori dal popolo (At. 3:22-23), ovvero cessarono di essere parte di Israele. La nazione fu ridotta ad un residuo composto di credenti in Gesù.
Per tutta la storia di Israele, la caduta dei discendenti naturali infedeli fu compensata dall’aggiunta da altre nazioni di quelli che divennero fedeli al Dio di Israele. Caleb, Rut, Raab servono come tipi, mentre il processo di assimilazione fu probabilmente continuo e diffuso.
Agli stranieri che vivevano tra gli Israeliti veniva richiesto di obbedire ai termini del patto mosaico[10] ed una dimostrabile fedeltà avrebbe portato alla loro futura accettazione in Israele: Non aborrirai l’Idumeo, poich’egli è tuo fratello; non aborrirai l’Egiziano, perché fosti straniero nel suo paese; i figliuoli che nasceranno loro potranno, alla terza generazione, entrare nella raunanza dell’Eterno (Deut. 23:7-8).
I profeti dissero, al tempo di un influsso di gentili di proporzioni senza precedenti: Manda gridi di gioia, rallegrati, o figliuola di Sion! poiché ecco, io sto per venire, e abiterò in mezzo a te, dice l’Eterno. E in quel giorno molte nazioni s’uniranno all’Eterno, e diventeranno mio popolo, e io abiterò in mezzo a te, e tu conoscerai che l’Eterno degli eserciti m’ha mandato a te (Zac. 2:10-11).
Il Salmo 87 dice: Cose gloriose son dette di te, o città di Dio! Io mentoverò l’Egitto e Babilonia fra quelli che mi conoscono: Ecco la Filistia e Tiro, con l’Etiopia: Ciascun d’essi è nato in Sion! E si dirà di Sion: Questo qui e quello là son nati in lei; e l’Altissimo stesso la renderà stabile. L’Eterno iscriverà, passando in rassegna i popoli: Questo è nato là (vv. 3-6).
Dopo il ritorno degli esuli dall’esilio, gli stranieri avrebbero dovuto essere contati come Israeliti nativi e ricevere la loro parte tra le dodici tribù: Dividerete così questo paese fra voi, secondo le tribù d’Israele. Ne spartirete a sorte de’ lotti d’eredità fra voi e gli stranieri che soggiorneranno fra voi, i quali avranno generato dei figliuoli fra voi. Questi saranno per voi come dei nativi di tra i figliuoli d’Israele; trarranno a sorte con voi la loro parte d’eredità in mezzo alle tribù d’Israele. E nella tribù nella quale lo straniero soggiorna, quivi gli darete la sua parte, dice il Signore, l’Eterno (Ez. 47:21-23).[11]
Quando Paolo spiega che non tutti quelli che sono di Israele sono Israele (Rom. 9:6) lo fa in risposta alla domanda: la parola di Dio è forse caduta a terra (i.e. fallita)? Paolo sta parlando del fallimento apparente della promessa di Dio fatta ad Israele, e lo fa confutando la definizione semplicistica ed etnica di Israele (e non rimandando la speranza di quell’adempimento ad un tempo futuro). Usando l’analogia di Geremia di Israele come albero d’ulivo (Ger. 11:16-17), Paolo spiega la recisione dei rami naturali infedeli e l’innesto in Israele di quelli precedentemente esclusi dalla cittadinanza di Israele e stranieri ai patti della promessa (Ef. 2:12) e che ora avevano ricevuto la luce della conoscenza della gloria di Dio nel volto di Cristo.[12] Il processo di innesto avrebbe avuto anche la conseguenza di provocare a gelosia alcuni dei rami naturali recisi, in modo che essi si sarebbero ravveduti della loro incredulità e fossero reinnestati in Israele, ricevendo così risurrezione dai morti (Rom. 11).
Gioele profetizzò 1) lo spargimento dello Spirito a Pentecoste, 2) il giudizio che Dio avrebbe inflitto ai “rami recisi” impenitenti nell’anno 70 d.C., e 3) l’opportunità di salvezza disponibile per tutti quelli che avrebbero creduto:
E, dopo questo, avverrà che io spanderò il mio spirito sopra ogni carne, e i vostri figliuoli e le vostre figliuole profetizzeranno, i vostri vecchi avranno dei sogni, i vostri giovani avranno delle visioni. E anche sui servi e sulle serve, spanderò in quei giorni il mio spirito. E farò dei prodigi nei cieli e sulla terra: sangue, fuoco, e colonne di fumo. Il sole sarà mutato in tenebre, e la luna in sangue prima che venga il grande e terribile giorno dell’Eterno. E avverrà che chiunque invocherà il nome dell’Eterno sarà salvato; poiché sul monte Sion ed in Gerusalemme vi sarà salvezza, come ha detto l’Eterno, e fra gli scampati che l’Eterno chiamerà (Gl. 2:28-32).
E così tutto Israele sarà salvato (Rom. 11:26).
Tutto Israele equivale a tutti quelli che invocano il nome del Signore, perché non vi è alcun altro nome sotto il cielo dato agli uomini per il quale dobbiamo essere salvati (At. 4:12), poiché non v’è distinzione fra Giudeo e Greco; perché lo stesso Signore è Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano, poiché chiunque avrà invocato il nome del Signore, sarà salvato (Rom. 10:12-13).[13]
Nella sua pienezza, l’albero d’ulivo, la nazione santa di Dio, è composta del residuo della discendenza naturale che ha ascoltato il Profeta come Mosè, dai credenti innestati da ogni nazione, e dai rami recisi che si ravvedono della loro incredulità e sono reinnestati in Israele.[14]
Oh, la profondità delle ricchezze della sapienza e della conoscenza di Dio! (Rom. 11:33)
Conclusione
In questo saggio abbiamo mostrato che non vi è un’assoluta o incontestabile interpretazione dell’Antico Testamento basata su un loro presunto contesto e comprensione originale. Per questo motivo, la spiegazione del Nuovo Testamento del modo in cui Dio ha adempiuto le Sue promesse non può esser detta cambiare totalmente quanto dice l’Antico Testamento.
Al contrario, la nozione di un “significato originale e contestuale” che differisca dal proposito eterno di Dio rivelato in Cristo nel Nuovo Testamento diviene un artificio per chi vuole evitare le piene implicazioni del messaggio del Nuovo Testamento, specialmente la sua implicazione riguardante il nazionalismo ebraico.
Secondo la prospettiva del Dr. Fruchtenbaum, se il Nuovo Testamento non si conforma alle sue vedute di chi fossero i recipienti delle promesse dell’Antico Testamento e di cosa è necessario perché si possa parlare di un loro adempimento, allora il Nuovo Testamento diviene un documento fraudolento! Ma quanto va messa in discussione qui pare proprio la sincerità e la fedeltà di chi si professa credente ma rigetta la prospettiva del Nuovo Testamento su queste cose, perché la Scrittura prova la nostra fede e rivela i pensieri e le intenzioni dei nostri cuori.
Abbiamo inoltre mostrato che il Nuovo Testamento dischiude dei misteri contenuti negli scritti profetici dell’Antico Testamento ma che erano di proposito nascosti dalle generazioni precedenti. Questi misteri furono resi noti in Cristo per l’eterno ordine di Dio e rivelati ai credenti cristiani mediante lo Spirito Santo. Quanto era in precedenza compreso in parte è stato pienamente rivelato in Cristo. La Stella del Mattino appare dapprima alle prime luci dell’alba, eclissando i profeti che brillavano come stelle in un luogo oscuro.
Gesù non sussegue l’Antico Testamento come una sua “informazione aggiuntiva”, ma è preesistente e preminente rispetto ad esso! Egli era con Dio dal principio e Dio ha ordinato la ristorazione di tutte le cose a Sé in Lui!
Il dilemma della nazione etnica ebraica, la sua alienazione dalla Terra e la sua incapacità di ottenere le benedizioni divine a motivo del suo peccato, devono richiamare alla mente la sorte dell’intera umanità che vive alla luce della caduta di Adamo, esiliata da Eden, e separata dalla Fonte della Vita. Ma per l’opera sull’albero della croce, la conseguenza del peccato di Adamo è riversata, mediante il perdono e la distruzione della natura peccaminosa [i.e., il Nuovo Patto in Cristo]!
Dio non sta aspettando la fine dell’epoca della chiesa per “riprendere i suoi affari con Israele”. Al contrario, la storia dei discendenti di Giacobbe serve come un esempio per noi, su cui l’adempimento delle epoche è giunto (I Cor. 10:11). Il vero Giudeo è rivelato come uno che è circonciso da Cristo (Col. 2:11-12). Abbiamo la certezza: Se siete di Cristo, allora siete discendenza di Abraamo, ed eredi secondo la promessa (Gal. 3:29).
Il Nuovo Testamento descrive la chiesa come l’adempimento dell’eterno proposito di Dio che Egli ha realizzato in Cristo (Ef. 3:10-11). La benedizione promessa ad Abraamo è descritta come il vangelo proclamato a lui in anticipo. L’incorporazione diffusa dei Gentili nell’ulivo di Israele, ed il loro formare un corpo solo col residuo fedele di Giacobbe e il loro partecipare con loro nella stessa promessa ed eredità, benché un mistero, era sempre stato il piano di Dio.
Non possiamo sfuggire alla conclusione che il Nuovo Testamento interpreta l’Antico, né a quella che esso dice di rivelare l’intenzione originale dietro le promesse di Dio e di essere il loro adempimento ultimo. Per poter capire l’Antico Testamento in modo indipendente dal Nuovo, come vuole il Dr. Fruchtenbaum, dovremmo:
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contraddire quanto dice il Nuovo Testamento sul modo in cui le promesse furono in origine intese e capite;
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rifiutare di accettare che il Vangelo del Regno è il successore della Legge e dei Profeti;
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ignorare gli insegnamenti del Nuovo Testamento sul modo in cui le promesse dell’Antico Testamento sono state adempiute, e
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ignorare il verdetto che chi legge l’Antico Testamento senza farlo alla luce di Cristo ha un velo sul cuore.
Che Gesù e il Suo regno che “non è di questo mondo” non abbia soddisfatto le aspettative popolari è evidente dalla diffusa reiezione di Cristo tra i Giudei sia al Suo tempo che nelle generazioni successive.
Gesù continua ad essere una roccia d’inciampo ed una pietra di scandalo e continua a causare la caduta e il rialzamento di molti in Israele. Ironicamente, alcuni cristiani stanno scadendo da Israele perché inciampano di nuovo sulle pretese fondamentali del Nuovo Testamento e adottano la stessa speranza malaccorta che condusse alla reiezione di Gesù al tempo della Sua crocifissione. L’avvertimento di Paolo che i rami innestati nell’ulivo possono di nuovo esserne recisi, si applica certamente a coloro che tradiscono il vangelo di Cristo vendendosi all’idea di un adempimento geopolitico delle promesse dell’Antico Patto per un “Israele” definito in modo etnico. Nell’idioma di Esaù, alcuni stanno scambiando la loro primogenitura di figli di risurrezione per una zuppa temporale.
Gesù deve rimanere in cielo fino al tempo della ristorazione di tutte le cose, di cui Dio ha parlato per bocca dei suoi santi profeti fin dal principio (At. 3:21). Avendo assunto su di Sé la forma di carne umana ed avendoci assicurato un’eredità mediante la Sua morte senza peccato, Gesù è stato ora esaltato nel Luogo Altissimo, e sta governando dalla Destra del Padre. Gesù non ritornerà nel velo della carne mortale ad un mondo che è già condannato (Gv. 3:18) per stabilire una patria giudaica destinata a distruzione quando siano poi rivelati nuovi cieli e nuova terra. Al contrario: Egli apparirà una sola volta nella gloria celeste e coloro che non hanno creduto saranno distrutti dallo splendore della Sua apparizione. Perché chi potrà rimanere in piedi quando Egli apparirà? Allo stesso tempo tutti quelli che si sono tenuti fermi, senza vacillare, alla fede una volta e per sempre tramandata ai santi, Giudei e Gentili, saranno traslati dalla terra presente per essere con lui, dov’Egli è, per sempre (Gv. 14:3).
Rimane una tragica conseguenza dell’orgoglio etnico e religioso il fatto che molti verranno di Levante e di Ponente e sederanno a tavola con Abramo e Isacco e Giacobbe, nel regno dei cieli, ma i figliuoli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. Quivi sarà il pianto e lo stridor dei denti (Mt. 8:11-12).
Quelli che hanno ottenuto una piena comprensione conosceranno il mistero di Dio, che è Cristo, in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza e non saranno ingannati da argomentazioni sottili che però falliscono di vedere tutto alla luce di Cristo (Col. 2:2-4).
Traduzione e leggero adattamento di F. De Lucia dall’articolo originale di Kevin Daly @ http://www.messianicgoodnews.org/the-dispensational-scheme-of-bible-interpretation-in-the-light-of-scripture-part-1-of-rightly-dividing-the-word-of-truth/
[1] Adam Clark, Commentario ad Apocalisse 19:10.
[2] Trattato Sanhedrin 99a.
[3] L’ebraico לך è “tu” singolare.
[4] Il Talmud in Sanhedrin 98b usa questo argomento per provare la risurrezione dalla Torah.
[5] Secondo Rashi Giacobbe sapeva che il Messia risorgerà i giusti nella loro eredità. Commentario a Gen. 47:30
[6] Nell'originale greco Romani 4:13 usa κόσμος invece di γη.
[7] All'inizio Abraamo dovette lasciare la Mesopotamia per ricevere la benedizione. Vedi Gen. 12:1-5.
[8] Nota il singolare e vedi, per confronto, Ebrei 1:13.
[9] Galati 3:16 e Giovanni 15:5 possono essere capiti in questa luce. "Io sono la vite ... " è un linguaggio tipologico basato sul Salmo 80:8 e Geremia 2:21, ed implica che Cristo è Israele, così come quelli che sono in Lui.
[10] Vedi Levitico 16:29 e 17:8-13 come esempi.
[11] Gli eventi di Esdra 10 devono essere capiti in relazione a donne che non avevano dimostrato fedeltà al Dio di Israele e rimasero al di fuori della comunità Israelita. Gli esuli di ritorno erano divenuti ignoranti dei termini del Patto Mosaico ed erano altamente suscettibili, in questo frangente, ad influenze esterne.
[12] II Corinzi 4:6. Nella sua scelta di parole in questo testo Paolo probabilmente stava alludendo egli eventi a Peniel, dove Giacobbe fu per la prima volta chiamato Israele.
[13] L’aggiunta dell’ultimo verso nel testo è del traduttore e non è originale dell’autore.
[14] I dispensazionalisti concludono che non è l'albero, ma i rami recisi che sono Israele, gli eredi della promessa per cui si deve ancora adempire in futuro. Alcuni dispensazionalisti si spingono perfino a dire che un ramo reciso cessa di essere parte di Israele una volta che sia reinnestato nell'albero.