La Casa di Dio
Eden, il Tempio e la nuova creazione (2)
Gregory K. Beale
IV. Cristo e i Suoi seguaci sono un tempio nella nuova creazione
Cristo è il tempio a cui tutti i templi precedenti guardavano e che anticipavano (cf. II Sam. 7:12-14; Zac. 6:12-13). In quanto Dio incarnato, Egli è l’epitome della presenza di Dio sulla terra, così continuando la vera forma del vecchio tempio, che in realtà, durante tutta l’era veterotestamentaria, era una prefigurazione della presenza di Cristo. La ripetuta pretesa di Gesù che il perdono si ottiene ora attraverso di Lui e non più attraverso il sistema sacrificale del tempio suggerisce fortemente che Egli stava soprassedendo la funzione del tempio, e, difatti, il perdono che Egli stava offrendo era ciò che il tempio aveva da sempre indicato in modo imperfetto. Riguardo a questo, Cristo parla di Sé ripetutamente nei Sinottici come la “pietra angolare” del tempio (Marco 12:10; Matt. 21:42; Luca 20:17). Giovanni 1:14 dice che Egli divenne il “tabernacolo” di Dio nel mondo, e poi in Giovanni 2:18-21 Gesù dice ai leader Giudei: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. I Giudei dissero: “ci sono voluti 46 anni per costruire queso tempio e tu lo farai risorgere in tre giorni” – Ma Egli stava parlando del tempio del Suo corpo.
Incidentalmente, se Gesù è colui che il tempio prefigurava in modo profetico, allora è in dubbio se si possa pensare alla ricostruzione di un futuro tempio architettonico come un adempimento secondario. II Corinzi 1:20 dice: “Perché tutte le promesse di Dio, sono in Lui sì …” Cristo inizia ad adempire le profezie sul tempio della fine.
Possiamo dire che vi sarà un altro tempio architettonico costruito proprio prima o poco dopo la seconda venuta di Cristo in adempimento delle profezie dell’AT? Gli studiosi evangelici non danno una risposta concorde a questa domanda, ma anche supponendo che vi sarà un altro tempio fisico, esso non dovrebbe essere visto come un adempimento primario della profezia ma come parte dell’adempimento che viene con Cristo. Focalizzarsi soltanto su un futuro tempio fisico sarebbe ignorare che Cristo ne è l’adempimento e che Lui adempirà in modo completo quelle profezie nell’eterna nuova creazione. Seppure vi sarà un futuro tempio in Israele, esso non farà altro che indicare Cristo e Dio come tempio nell’eterna nuova creazione, che è raffigurata in Apocalisse 21-22. Focalizzarsi solo su un tempio fisico è come focalizzarsi su quanto il tempio raffigura e non su quello che la figura rappresenta in ultima istanza.
Ricordo durante il mio primo anno di dottorato in Inghilterra che io e la mia futura moglie corrispondevamo da una parte all’altro dell’Oceano. Avevo una foto di lei che mi aveva dato, e la guardavo con affetto molto spesso, e a volte la trattavo come se fosse una persona vera e propria, abbracciandola. Ora, dopo ventisette anni di matrimonio, se lei mi scoprisse a non far altro che guardare la foto e mai lei stessa, concluderebbe giustamente che il mio focus sarebbe nel luogo sbagliato. Non ho più bisogno della figura quando ho la sostanza stessa di quello che la figura rappresenta.
Similmente, il tempio di Israele era un’ombra simbolica che indicava Cristo e la Chiesa come sua sostanza escatologica. Se è così, sembrerebbe sbagliato che i cristiani sperino nella costruzione di un altro tempio in Gerusalemme composto di “mattoni” terreni come adempimento delle profezie sul tempio dell’AT. E’ troppo dogmatico dire che un tale approccio confonderebbe l’ombra con la sostanza? Non sarebbe invece voler possedere la figura cultica insieme alla realtà escatologica vera e propria a cui punta la figura (cf. Ebr. 8:2, 5; 9:8-11, 23-25)? E questo non indicherebbe una retrogressione nel dispiegarsi della storia redentiva? Sì, è possibile concordare con l’approccio di questo saggio e comunque aspettarsi un qualche tempio futuro, ma ciò sembrerebbe incoerente con quanto abbiamo detto finora.
Prima di passare al prossimo punto, sarebbe utile affrontare un breve studio di II Corinzi 6:16-18. Quando crediamo in Gesù diveniamo parte di Gesù e del tempio. I Cor. 3:16 afferma “non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio dimora in voi?”, I Cor. 6:19: “non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che dimora in voi?”, II Cor. 6:16: “perché noi siamo il tempio del Dio vivente” (e così anche Ef. 2:21-22; I Pt. 2:5; Ap. 3:12; 11:1-2).
Quanto all’adempimento di II Corinzi 6 dobbiamo fare qualche ulteriore considerazione. Alcuni commentatori parlano del tempio di I Corinzi solo come metafora: la chiesa è meramente “come” un tempio, ma non è parte del principio dell’adempimento del tempio escatologico profetizzato nell’AT.[30] Altri contendono che Paolo paragona la chiesa ad un tempio perché la intende come l’inaugurazione dell’adempimento del tempio finale che deve venire, benché essa non sia una realtà architettonica. Il problema è che vi è ambiguità perché non vi è una formula introduttiva né all’inizio né alla fine dei versi 16-18.
Forse Paolo sta pensando al tempio in II Cor. 6:16-18 come un parziale adempimento della profezia dell’AT? Sta dicendo che la chiesa a Corinto è come un tempio? Esploriamo questo passaggio meglio per cercare di far maggiore luce su questa questione.
Il riferimento paolino più esplicito al fatto che i credenti siano il tempio è II Cor. 6:16a: “Perché noi siamo il tempio del Dio vivente, proprio come Dio ha detto”. Paolo cita vari testi dall’AT per supportare questa asserzione, il primo dei quali è una profezia del tempio futuro.
Lev. 26:11-12 e Ez. 37:26-27 II Cor. 6:16b
“Metterò la mia dimora in mezzo a voi … “Dimorerò in loro e camminerò
Camminerò in mezzo a voi e sarò il vostro Dio, in mezzo a loro; sarò il loro Dio
E voi sarete il mio popolo”. Ed essi saranno il mio popolo”.
“Porrò il mio santuario nel loro mezzo per sempre
La mia dimora anche sarà con loro, e sarò il loro Dio
Ed essi saranno il mio popolo”. Cf. Es. 29:45
Questa in II Corinzi, quindi, è un’allusione a Levitico ed Ezechiele, che sono entrambi una predizione di un tempio a venire.
Paolo appende a queste due profezie due ulteriori allusioni alla promessa dell’AT che si sarebbe ricostruito un tempio al ritorno di Israele dalla cattività babilonese. La prima è da Isaia 52:
Is. 52:11; Ez. 11:17; 20:41 II Cor. 6:16b
“Uscite, uscite, andate fuori di lì “Quindi uscite dal loro mezzo
non toccate niente d’impuro, uscite dal suo mezzo e siate separati, dice il Signore.
purificatevi, voi che portate i vasi del Signore”. E non toccate nulla d’impuro,
“Io vi accoglierò”. [31] Ed io vi accoglierò”.
Isaia non esorta i futuri israeliti in generale ad “uscire” da Babilonia, ma si rivolge in modo specifico ai sacerdoti che portano i “vasi” santi del tempio che Nabucodonosor aveva preso dal tempio di Salomone ed aveva tenuto a Babilonia durante la cattività. Essi devono riportare i “vasi” al tempio quando esso sarà ricostruito. Quando Ezechiele parla ripetutamente del fatto che Dio “accoglierà” Israele dalla cattività, egli ha in mente la ristorazione del tempio. Ezechiele 20:40-41 dice “perché sul mio santo monte, sul mio alto monte … vi accetterò, e lì avrò riguardo delle vostre primizie, e le primizie delle vostre offerte, e in tutte le vostre cose sante. Vi accetterò come un odore soave … e vi accoglierò dai paesi dai quali siete stati dispersi”. Quando Dio “accoglie” Israele, allora Israele porterà delle offerte al tempio sul Monte Sion.
E’ interessante che Ezechiele 11:16 dice che quando Israele era in cattività Dio “era un santuario per loro per un pò nei paesi dove erano andati”! Questa asserzione è fatta in connessione diretta ad Ez. 10:18, in cui “la gloria del Signore si allontanò dalla soglia del tempio” a Gerusalemme (Ez. 10:18; cf. Ez. 11:23). E’ probabile che non sia una coincidenza che la presenza gloriosa di Dio si allontanò dal tempio e che poi è detta essere in maniera velata col residuo che era andato in cattività. La Sua presenza sarebbe ritornata col popolo ristorato ed avrebbe preso residenza ancora una volta in un altro tempio. E’ chiaro che ciò non avvenne nel secondo tempio costruito dopo il ritorno di Israele dall’esilio. Il fatto che il “santuario” in Ez. 11:16, in cui Dio doveva essere presente tra il Suo popolo in esilio, è un santuario non architettonico è probabilmente parte della logica ermeneutica con cui Paolo può applicare le profezie sul tempio nell’AT al popolo di Dio a Corinto ai versi 16-18.
L’ultima allusione di Paolo che supporta la sua contenzione che i Corinzi sono “il tempio del Dio vivente” è presa da II Samuele 7:14:
II Sam. 7:14 II Cor. 6:18
“Io sarò per lui un padre ed egli mi sarà figlio”. “Ed io sarò per voi un padre,
e voi mi sarete figli e figli,
dice il Signore onnipotente”.
La parola “figlio” del testo di riferimento da II Samuele è stata espansa in “figli e figlie” sotto l’influenza dei tre passaggi di Isaia che predicono la ristorazione dei “figli e figlie” di Israele (Is. 43:6; 49:22; 60:4), l’ultimo dei quali include nel suo contesto la promessa che Israele adorerà di nuovo in un tempio ristorato (Is. 60:7, 13). La profezia di II Samuele riguarda un re ed un tempio futuro: “Egli costruirà una casa per il mio nome, ed io stabilirò il trono del suo regno per sempre” (II Sam. 7:13). La maggioranza dei commentatori concordano che questa profezia in II Samuele non fu adempiuta in modo finale in Salomone e nel suo tempio.
Dunque qui in II Cor. 6:16-18 abbiamo uno spezzato di profezie sul tempio da parte di Paolo. Paolo sta dicendo che la chiesa di Corinto ha iniziato ad adempiere queste profezie? Oppure: sta meramente dicendo che la chiesa è in qualche modo analoga a quanto questi passaggi dall’AT profetizzano riguardo al tempio?
Nel rispondere a questo chi ha una concezione elevata della Scrittura non dovrebbe forse iniziare dal presupposto che il NT interpreta l’AT in modo contestuale e con continuità ermeneutica organica, benché molti nel mondo degli studiosi siano in disaccordo? E dunque, se un passaggio dell’AT citato nel NT è una profezia nel suo contesto originale, non è forse vero che un autore del NT come Paolo la vedrebbe come profezia e ne vedrebbe il principio del suo adempimento se identifica la profezia con una realtà nel suo tempo presente? E anche se non usa una formula che denoti adempimento, non è forse vero che Paolo la vedrebbe comunque come adempimento? Potrebbe egli star usando il testo dall’AT in modo analogico? Sì, ma il peso del contesto profetico dall’AT fa pensare ad una nozione di adempimento, in quanto nel contesto del NT non vi è evidenza del contrario, e dove il contesto è chiaro un autore del NT potrebbe affermare che una profezia dell’AT non è stata ancora adempiuta ma lo sarà certamente nel futuro. Se questo è un approccio ermeneutico corretto, allora le profezie sul tempio in II Cor. 6:16-18 dovrebbero probabilmente essere prese come l’inizio del vero e proprio adempimento nella chiesa di Corinto.
Ma guardiamo oltre al contesto precedente di II Corinzi 6 per vedere se la nostra conclusione tentativa può trovare conferma. Una della affermazioni più pregne di significato teologico in tutto il corpus paolino si trova in II Cor. 1:20a: “Perché tutte le promesse di Dio in lui sono sì”. Le “promesse” certamente si riferiscono alle promesse dell’AT che cominciarono ad essere adempiute in Cristo. Ma quali sono le promesse che Paolo ha in mente? Forse tutte le promesse profetiche di Dio sono implicate, ma quelle prominenti nella mente di Paolo sono le profezie che lui tratta nel contesto seguente dell’epistola, in particolare da 1:21 a 7:1. Certamente tra le promesse profetiche che Paolo ha in mente vi è quella del Nuovo Patto che egli elabora al capitolo 3. L’osservazione che 1:20 e 7:1 parlano entrambi di “promesse” al plurale (la seconda introdotta con “dunque”) è uno degli indicatori che in questa questa sezione egli tratta l’adempimento profetico di più di una sola profezia. Come è ben noto, lo stabilimento di un nuovo tempio fu profetizzato come parte della ristorazione di Israele (e.g. Ez. 37:26-28; 40-48).
Alcuni commentatori apparentemente non connettono II Cor. 7:1a direttamente ai versi precedenti alla fine del capitolo 6 (forse inconsciamente a motivo della separazione in capitoli delle Bibbie moderne). Ma il “dunque” (oun) di 7:1 sottolinea che nelle mente di Paolo la promessa prominente è quella della profezia del tempio, perché essa appare ripetutamente nei versi direttamente precedenti (II Cor. 6:16-18): “Dunque, avendo queste promesse”. Cristo inizialmente adempì queste promesse sul tempio (1:20) e anche i lettori partecipano in quell’adempimento in quanto “avendo queste promesse” (7:1). La ragione che loro e Paolo adempiono la stessa promessa che adempie Cristo è che Dio “stabilisce noi con voi in Cristo” “sigillando” i credenti e dando “lo Spirito nei nostri cuori come un pegno” (1:21-22). Come Paolo dice nella prima epistola ai Corinzi, la chiesa è “il tempio dello Spirito Santo” (I Cor. 3:16; 6:19). Essi hanno soltanto iniziato ad adempire l’aspettativa escatologica del tempio, ma verrà un tempo quando realizzeranno quella speranza in modo perfetto.
Sono i Corinzi il principio “letterale” dell’adempimento delle profezie sul tempio della fine di Levitico 26, Ezechiele 37 e Isaia 52? Alcuni potrebbero concordare che Paolo comprende la chiesa come l’inizio dell’adempimento delle profezie sul tempio ma affermano che poi egli allegorizza, perché nel parlare di tempio gli autori dell’AT avrebbero avuto in mente una struttura architettonica concepita in senso fisico, e non una composta di persone. Altri, per evitare di far di Paolo un allegorizzatore, concludono che egli sta facendo soltanto un paragone, e di conseguenza tali commentatori non vi vedono il vero e proprio inizio di adempimento perché è ovvio per loro che la chiesa di Corinto non è quello che le profezie dell’AT riguardanti il tempio volevano indicare. Tuttavia, abbiamo già visto sopra che è probabile che Paolo vede la chiesa come un reale e vero adempimento di varie profezie sul tempio, che era già iniziato ad essere concepito in senso non architettonico già nell’AT. Di conseguenza è possibile prendere le parole di Paolo sull’adempimento in senso letterale e tuttavia comunque capire che aveva in mente un adempimento letterale che non sarebbe stato al di fuori dello spettro delle intenzioni autoriali dei profeti originali. Dunque Paolo non sta allegorizzando né sta meramente facendo un’analogia tra il tempio e i cristiani, ma sta dicendo che i cristiani sono l’inizio dell’adempimento della profezia del tempio della fine.[32]
Costruendo su quanto è stato detto finora, è appropriato rifocalizzare l’attenzione sul problema col quale abbiamo iniziato questo saggio: come devono essere comprese le profezie veterotestamentaria sul tempio in Apocalisse 21:1-22:5?
V. Avendo considerato il proposito del tempio in tutte le Scritture,
si può adesso chiarire il mistero di come Giovanni può vedere nuovi cieli e nuova terra
in Ap. 21:1 e poi nel resto della visione da 21:9 a 22:5 vede soltanto
una città che ha la forma di un tempio-giardino.
I nuovi cieli e nuova terra in Ap. 21:1-22:5 sono descritti come un tempio perché esso, che equivale alla presenza di Dio, abbraccia la terra intera a motivo dell’opera di Cristo. Alla fine dei tempi, il vero tempio scenderà dal cielo e riempirà l’intera creazione (come Ap. 21:1, 3, 10 e 21:22 affermano). Apocalisse 21:1 comincia, come abbiamo visto, con la visione di Giovanni di un “nuovo cielo e nuova terra” seguiti dalla sua visione della “nuova Gerusalemme che discende dal cielo” (v. 2), e poi egli ode una “gran voce” che proclama che “il tabernacolo di Dio è con gli uomini, ed egli tabernacolerà con loro …” Richiamando alla mente la discussione iniziale di questo saggio possiamo dire con buona probabilità che la seconda visione al verso 2 interpreta la prima visione del nuovo cosmo e che quanto viene udito a riguardo del tabernacolo al verso 3 interpreta i versi 1 e 2. Se è così, la nuova creazione del verso 1 è equivalente alla “nuova Gerusalemme” del verso 2 ed entrambi rappresentano la medesima realtà del “tabernacolo” del verso 3.
Di conseguenza la nuova creazione e la nuova Gerusalemme non sono altro che il tabernacolo di Dio. Questo “tabernacolo” è il vero tempio della presenza speciale di Dio raffigurata nel capitolo 21. Sarà questa presenza divina che in precedenza era limitata al tempio di Israele e poi alla chiesa a riempire e pervadere interamente i cieli e la terra. Sarà allora che il goal escatologico del tempio del Giardino di Eden di dominare l’intera creazione sarà realizzato (secondo Ap. 22:1-3).[33]
Perché Apocalisse 21:28 dice che il tempio-città sarà di oro puro? Perché l’intero “Santo dei Santi” e “Luogo Santo” del tempio di Israele, che erano ricoperti di oro sulle mura, sul pavimento e sul soffitto (secondo I Re 6:20-22; II Cr. 3:4-8), sono stati estesi all’intera creazione. Ecco perché le tre sezioni dell’antico tempio di Israele (Santo dei Santi, Santo, e corte esteriore) non ci sono più nel tempio di Apocalisse 21: la presenza speciale di Dio, dapprima limitata al Santo dei Santi, è stata ora estesa ad abbracciare l’intera nuova creazione, cieli e terra, che abbiamo visto il Luogo Santo e la corte esteriore rappresentavano. Ecco perché, inoltre, Apocalisse 21:16 dice che l’intera città era quadrata, anzi, cubica, perché il Luogo Santissimo era un cubo (I Re 6:20). Inoltre, che l’intera creazione sia divenuta il Luogo Santissimo è evidente da 22:4. Mentre il Sommo Sacerdote, che portava il nome di Dio sulla fronte, era il solo in Israele a poter entrare nel Luogo Santissimo una volta all’anno per stare alla presenza di Dio, nel futuro tutto il popolo di Dio sarà composto di sommi sacerdoti col “nome di Dio sulle loro fronti” e staranno alla presenza di Dio non un giorno all’anno, ma per sempre.[34] E’ il popolo di Dio che ha continuato ad estendere i confini del vero tempio nell’epoca della chiesa, guidato dallo Spirito, in risposta al piano del Padre espresso nell’opera redentiva del Figlio che ha portato a compimento il processo della costruzione del tempio. Questa nozione di espansione del tempio nel mondo intero trova notevole similarità nella comunità di Qumran, che doveva “onorare” Dio “consacrandovi a lui, secondo che egli vi ha posto come un luogo santissimo su tutta la terra,[35] e su tutti gli angeli …” (4Q418 frammento 81, [=4Q423 8+24?] rigo 4).[36]
Dunque, le due sezioni esterne del tempio sono venute meno, e la presenza del Luogo Santissimo di Dio è emersa per dominare l’intera creazione. Che tipo di uso dell’AT è questo? Giovanni sta allegorizzando? A primo acchito eguagliare il nuovo cosmo con una città a mò di giardino a forma di Santo dei Santi sembrerebbe un esempio clamoroso di allegoria o di spiritualizzazione selvaggia. Alla luce del nostro argomento finora, però, ciò appare improbabile. Potrebbe essere un mero paragone tra i testi dell’AT sul tempio e le condizioni nella nuova creazione? Sì, possibile, ma potremmo dire che sia un diretto adempimento profetico o tipologico? Benché alcuni riferimenti specifici all’AT in Ap. 21:1-22:4 potrebbero ricadere in una o l’altra di queste categorie,[37] la concezione generale del tempio in Apocalisse e le allusioni a particolari testi veterotestamentari sul tempio non vengono spiegati al meglio da nessuna di queste categorie. Faremmo invece meglio a parlare di completamento o adempimento di un disegno intenzionale (riguardo al tempio dell’AT). Ed è in questo senso, credo, che possiamo parlare di adempimento “letterale”.
I profeti veterotestamentari che parlano del tempio nella nuova creazione sono paragonabili in un certo senso a qualcuno proveniente da un altro pianeta in una navicella spaziale che si trovi a distanza dalla terra. Essi riescono a vedere ad occhio nudo soltanto la terra e le sue varie gradazioni di colore rappresentanti nuvole, mari, e masse terrestri. Nel comunicare con la terra via radio descrivono quanto vedono da quella distanza. Se però la loro navicella approcciasse la terra e iniziassse a discendere nell’atmosfera di New York, per esempio, sarebbero in grado di distinguervi fiumi, foreste, valli, la città, gli edifici, le case, strade, auto e persone. Entrambi le prospettive sono “letterali”: sia quella distante che quella ravvicinata. La prospettiva ravvicinata rivela dettagli che chi guarda da lontano non avrebbe potuto vedere, ma che sembra diversa da quella di chi guarda da lontano. Tuttavia entrambe le prospettive danno una descrizione “letterale” di quanto viene di fatto osservato.
Similmente, la figura letterale della profezia dell’AT è magnificata dalle lenti della rivelazione progressiva del NT, che allarga i dettagli dell’adempimento nel principio del nuovo mondo che sarà completato all’ultimo avvento di Cristo. Ciò non significa che la profezia dell’AT non sia adempiuta letteralmente ma che la natura letterale della profezia del punto di vista dell’AT diviene più affinata ed i dettagli vengono chiariti e magnificati. L’illustrazione precedente non regge in maniera precisa, tuttavia, perché credo che i profeti dell’AT, oltre agli scorci “da lontano”, ebbero anche degli scorci occasionali “da vicino”, che quando messi insieme erano come pezzi frammentari di un puzzle ancora incompleto.
Possiamo dunque dire che molto di quanto videro fu una prospettiva “distante”, che poi viene affinata da una rivelazione progressivamente più dettagliata, svelata poi nell’adempimento del piano storico-redentivo, che mostra in che modo i pezzi visionari “da vicino” si adattino all’intera prospettiva della nuova epoca. Nel progredire della rivelazione verso il “pianeta” della nuova creazione i significati di testi biblici precedenti divengono sempre più grandi e magnificati. Gli scrittori biblici più tardi interpretano poi ulteriormente gli scritti canonici precedenti in modi che ne amplificano la prospettiva. Queste interpretazioni successive possono formulare significati di cui gli autori precedenti non erano del tutto coscienti, ma che non contravvengono alla loro intenzione organica originale. Questo vale a dire che i significati originali hanno una “descrizione spessa”[38] e il loro adempimento spesso “si incarna” o si magnifica di dettagli di cui il profeta non era cosciente guardando da lontano.
Di conseguenza la nostra contenzione è che Cristo non soltanto adempie tutto quello che il tempio e le profezie dell’AT rappresentano ma che egli è il significato pieno di quello che il tempio rappresentava fin dall’inizio.[39] Lo stabilimento del tempio da parte di Cristo alla Sua prima venuta e il fatto che il Suo popolo insieme a Lui viene identificato come tempio dove dimora la presenza tabernacolare di Dio, è una veduta magnificata della forma iniziale del nuovo tempio creazionale, ed Apocalisse 21 è la figura magnificata al massimo grado della forma finale del tempio che avremo nella consumazione del nuovo cosmo. Come le vedute distanti e vicine della terra, una tale veduta del tempio non dovrebbe essere fraintesa come qualcosa di meno che un adempimento letterale delle profezie dell’AT.
Deve essere riconosciuto che sembrano esservi profezie che descrivono un qualche tempio fisico e architettonico, e tuttavia dobbiamo chiedervi come può Paolo in II Cor. 6:16-18 e Giovanni nella sua visione finale identificare Cristo, Dio e la chiesa come l’adempimento di tali profezie. E’ importante anche osservare, d’altro canto, che alcune profezie di un tempio della fine prevedono una struttura non architettonica. Vi sono profezie sul tempio che sembrano riferirsi allo stabilimento di un tempio architettonico ed altre che sembrano raffigurare una struttura non architettonica.[40] Queste ultime vedono il tempio estendersi su tutta Gerusalemme (Is. 4:5-6; Ger. 3:16-17; Zac. 1:16-2:13), su tutta la terra di Israele (Ez. 37:26-28; Similmente Lev. 26:10-13) e perfino sulla terra intera (Dan. 2:34-35, 44-45), mentre Ap. 21:1-22:5 vede l’intero cosmo come un tempio. D’altro canto, Daniele 8 e 11-12, come anche Ezechiele 40-48, insieme ad altri testi, sembrano profetizzare un tempio fisico che esisterà in una locazione geografica particolare alla fine dei tempi.[41] Come possiamo armonizzare questi testi? Potrebbe essere che alcuni di essi rappresentino una veduta “da lontano” (quelli che parlano di un tempio architettonico) ed altri invece una veduta “da vicino” (quelli che parlano di un tempio che si espande)?
Per spiegare alcune delle vedute “da lontano”, come quella di Ezechiele 40-48, potrebbe essere utile usare un’altra illustrazione.[42] Un padre promette nell’anno 1900 di dare a suo figlio un carretto trainato da cavalli una volta che sarà divenuto adulto e si sarà sposato. Durante i primi anni il figlio riflette sull’aspetto di questo carro, su che tipo di cavalli avrà, sulla sua forma e stile, sui sedili di pelle rossa e così via. Forse il padre aveva perfino conoscenza del “carro senza cavalli” (l’auto) che stava essendo sperimentato, ma a suo figlio pose la promessa in termini che lui poteva capire bene per la sua età. Anni più tardi, diciamo nel 1930, quando il figlio si sposa, il padre dona alla coppia un’auto, che allora era stata già inventata, testata e prodotta in massa.
Il figlio rimarrà forse deluso nel ricevere un’auto invece di un carretto con cavalli? E’ un adempimento “letterale” o figurativo della promessa iniziale del padre? L’essenza di quello che il padre aveva promesso è rimasto lo stesso: un mezzo di trasporto conveniente. Quanto è cambiato è la precisa forma di trasporto. Il progresso della tecnologia ha migliorato l’adempimento della promessa in modi impensabili per il figlio quando era più giovane. Tuttavia, alla luce di uno sviluppo tecnologico successivo, la promessa è adempiuta “letteralmente” e fedelmente realizzata in modi maggiori di quanto si poteva capire in precedenza.
L’essenza sostanziale del nuovo tempio è ancora la gloria di Dio, ma quella gloria non è più confinata nello spazio di un edificio fisico, ma rivelata apertamente al mondo in Cristo e il Suo dimorare attraverso lo Spirito nella chiesa universale come Suo tempio. Il progresso della rivelazione di Dio ha reso l’adempimento di profezie che sembravano profetizzare un tempio architettonico perfino più grande di quanto originariamente concepito da menti finite. Questo è quanto Aggeo 2:9 sembra esprimere: “la gloria futura di questa casa sarà maggiore di quella precedente”. Una tale escalation da un un tempo architettonico ad uno non architettonico è anche indicata da alcuni precedenti veterotestamentari che già concepivano un tempio senza realtà architettonica: alcuni tra gli esempi sono il Giardino di Eden, che è chiamato un “santuario” (Ez. 28:13-18), il Monte Sinai è visto come un tempio-monte sul quale è modellato il tabernacolo (si notino i testi già menzionati che contengono descrizioni non architetturali, molti dei quali sono profetici: Is. 4:5-6; Ger. 3:16-17; Zac. 1:16-2:13; Ez. 11:16; 37:26-28, similmente Lev. 26:10-13; Dan. 2:34-35, 44-45).
Soprattutto, nella descrizione che Giovanni fa della condizione finale dei nuovi cieli e nuova terra in Ap. 21:22 egli afferma che “non vidi in essa alcun tempio, perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio”. Mentre il contenitore della gloria divina nell’AT era spesso un tempio architettonico, nella nuova epoca questo vecchio contenitore fisico sarà lasciato indietro come un bozzolo e il nuovo contenitore fisico sarà il cosmo intero. L’essenza ultima del tempio è la gloriosa presenza divina. Se tale è lo stato delle cose nella forma finale del cosmo, perché non potrebbe iniziare ad essere vero già nella sua fase inaugurale degli ultimi giorni? La gloriosa presenza divina di Cristo e dello Spirito nel mezzo del Suo popolo sono la forma iniziale del tempio escatologico.
Vediamo così che le profezie sul tempio in Ezechiele 40-48, Isaia 54 e Ezechiele 37 sono adempiute in Apocalisse 21:1-22:5: questa visione raffigura profeticamente il tempo in cui il disegno cosmico dei templi dell’AT, incluso quello di Eden, sarà portato a compimento e realizzato. Alla luce di ciò, è giusto dire che queste profezie non sono usate da Giovanni meramente come analogie della nuova creazione né come allegorie, ma che esse sono adempiute “letteralmente”.
VI. Noi in quanto popolo di Dio abbiamo già iniziato ad essere il tempio di Dio
dove la Sua presenza è manifestata al mondo, e dobbiamo estendere i confini del tempio finché Cristo ritorna, quando esso sarà espanso nel mondo intero in maniera finale
Cristo, in quanto ultimo Adamo e vero sacerdote-re, ha perfettamente ubbidito a Dio ed ha esteso in confini del tempio da Se Stesso ad altri (adempiendo così Gen. 1:28). Noi dobbiamo continuare quel compito di condividere la presenza di Dio con gli altri fino alla fine dell’età presente, quando Dio farà sì che il compito sia finito e la terra intera sarà sotto il tetto del tempio di Dio, che non è altro che dire che la presenza di Dio riempirà la terra come mai prima. Questo compito sacro di estendere la presenza di Dio è espressa in modo incisivo in Apocalisse 11. Lì la chiesa è raffigurata come un “santuario” (vv. 1-2), “due testimoni” (v. 3), e “due candelabri” (v. 4), quest’ultima immagine essendo, ovviamente, una caratteristica integrale del tempio. La missione della chiesa come tempio di Dio e suo candelabro è di far splendere la Sua luce di testimonianza nell’oscurità del mondo. In modo sorprendentemente simile la stessa missione è espressa in I Pt. 2:4-5, dove Pietro chiama Cristo una “pietra vivente” nel tempio e il Suo popolo “pietre viventi” che in quanto “sacerdozio regale” (allusione ad Esodo 19:6!) devono “proclamare le eccellenze di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa”.
Efesini 2:20-22 asserisce che la chiesa “è stata costruita sul fondamento degli apostoli e dei profeti, Cristo Gesù stesso essendo la pietra angolare, in cui l’intero edificio, essendo ben tenuto insieme, cresce in un tempio santo nel Signore; in lui voi anche siete edificati insieme per essere una dimora di Dio nello Spirito”. La chiesa sta crescendo e si sta espandendo in Cristo per tutta l’epoca tra i due avventi (Ef. 4:13-16) così che la presenza salvifica di Dio e “la variegata sapienza di Dio siano ora rese manifeste … nei luoghi celesti” (Ef. 3:10).
Come cominciamo a fare esperienza della presenza tabernacolare di Dio? Credendo in Cristo: che morì per i nostri peccati, che risuscità dai morti, e regna come Signore Dio. Lo Spirito di Dio viene in noi e dimora in noi in maniera simile a come Dio dimorava nel santuario di Eden e nel tempio di Israele.
Come aumenta la presenza di Dio nelle nostre vite e nelle nostre chiese? Come doveva accadere ciò per Adamo? Confidando in Dio e nella Sua parola. Similmente la presenza di Dio si manifesterà in noi sempre maggiormente quando cresciamo per grazia nella nostra fede in Cristo e nella Sua Parola, ubbidendovi. Siamo nella Parola ogni giorno, come Gesù, da esserne fortificati sempre maggiormente mediante la presenza di Dio così da poter adempire il nostro compito di diffondere quella presenza ad altri che non conoscono Cristo?
La presenza di Dio cresce in noi mediante la nostra conoscenza della Parola, la nostra ubbidienza, e quando poi diffondiamo quella presenza ad altri vivendo fedelmente le nostre vite nel mondo. Una fede perseverante e gioiosa, ad esempio, nel mezzo della prova è una prova meravigliosa al mondo non credente. Nel far così il corpo di Cristo durante il periodo tra i due avventi “segue l’Agnello dovunque egli vada” (Ap. 14:4) come un tabernacolo ambulante durante quest’epoca sulla terra. Dobbiamo realizzare che il luogo della chiesa nella storia storico-redentiva ed escatologica è quella di essere un tempio inaugurato che è designato per espandersi e diffondere la presenza di Dio sulla terra. Così dobbiamo comprendere, nella storia biblica, il ruolo del cristiano di “testimoniare” e “andare in missione”.
Qualche estate fa io e mia moglie abbiamo comprato un alberello e lo abbiamo piantato a nord della nostra casa. Esso doveva crescere e raggiungere un’altezza di circa due metri e una larghezza di circa un metro, e mettere dei fiori. Dopo pochi mesi, però, notammo che quell’albero non stava affatto crescendo, benché cominciasse a mettere boccioli. I boccioli, tuttavia, non sbocciavano. Il problema era che non riceveva abbastanza luce solare. Se non lo avessimo trapiantato non sarebbe cresciuto ad altezza normale e non avrebbe messo fiori. Similmente la chiesa non porterà frutto e non crescerà e si estenderà sulla terra come inteso Dio a meno che non ci separiamo dalle ombre del mondo e rimaniamo alla luce della presenza di Dio, nella Sua parola e nella preghiera e nella comunione di altri credenti nella chiesa, ricordandoci sempre del nostro posto unico nella storia di Dio. Il segno della vera chiesa è una testimonianza che diffonde la presenza di Dio: prima alle nostre famiglie, poi ad altri nella chiesa, al nostro vicinato, alla nostra città, al paese e alla terra intera.
Che Dio ci dia grazia per andare nel mondo come Suo tempio che si espande e che possiamo diffondere così la presenza di Dio riflettendola agli altri finché finalmente riempirà la terra intera, come deve accadere secondo Apocalisse 21. Geremia 3:16-17 dice che alla fine dei tempi “non si dirà più ‘l’arca del …Signore [nel tempio]’. Non verrà più a mente o sarà ricordata” perché il tempio della fine abbraccerà la nuova creazione e non sarà paragonabile al tempio antico.
VII. Conclusione
La profezia del tempio finale inizia ad adempiersi alla prima venuta di Cristo e con la chiesa, che manifesta la speciale presenza rivelatoria di Dio, l’essenza del vecchio tempio, da cui si è separata. Cristo fu la prima espressione di questa presenza divina che lasciò il vechio tempio e poi il Suo Spirito che dimora nella chiesa è la continua espressione del principio di quel tempio finale. Il design simbolico del tempio da sempre doveva indicare che “il Santo dei Santi” di Dio avrebbe un giorno riempito il cosmo intero invece che solo una piccola casa, e che sarebbe così stato il contenitore di quella gloriosa presenza. Di nuovo, il tempo dell’adempimento di questa profezia è inaspettato: non tutto in una volta, ma inziando con Cristo e col Suo Spirito che dimora nella chiesa. Abbiamo visto come la chiesa di Corinto fu parte di questa dimora inaugurale. Infine, al culmine della storia la presenza inaugurale di Dio riempie completamente il cosmo intero, che sembra essere ciò che Ezechiele 40-48 stia prefigurando profeticamente.
L’essenza del tempio, dunque, ovvero la gloriosa presenza di Dio, lascia indietro il suo bozzolo architetturale veterotestamentario, emergendo in Cristo, e per dimorare nel Suo popolo e infine in tutta la creazione.
Spero e credo che questo studio su come il NT usi l’AT su questo punto sia un esempio di come il Nuovo usi passaggi difficili dell’Antico in un modo che non indicano un adempimento “letterale”. Più facciamo esegesi e teologia biblica in entrambi i testamenti, e più vedremo in che modo gli autori del NT giocano il loro ruolo in uno sviluppo interpretativo coerente ed organico di passaggi dell’AT.
Voglio concludere focalizzandomi sul punto principale di questo saggio per la chiesa: il nostro compito in quanto chiesa è essere il tempio di Dio, riempiti della presenza di Dio e spandendoci e riempendo la terra di quella gloriosa presenza finché Dio Stesso realizzi questo obiettivo in modo completo alla fine dei tempi. Questa è la missione che ci accomuna: che possiamo tutti unirci attorno a questo obiettivo.
Traduzione dall'articolo originale, con permesso dell'autore, di F. De Lucia
Note
[30] Vedi G. D. Fee, The First Epistle to the Corinthians (NICNT; Grand Rapids: Eerdmans, 1987) 147, che esprime forse una tentatività non atipica: la nozione che il tempio escatologico è ciò che si ha in mente in I Corinzi 3 “è possibile, ma non affatto certo”, e tuttavia dice in una nota che una tale veduta sulla fine dei tempi “è probabilmente corretta”.
[31] La LXX traduce con “io li accoglierò”. Forse vengono anche echeggiati i seguenti passaggi che si riferiscono altresì al fatto che Dio “accoglie” Israele: Mic. 4:6; Sof. 3:19-20; Zac. 10:8, 10 e Ger. 23:3, i primi due dei quali concepiscono anche un ritorno al tempio (cf. Mic. 4:1-3, 7-8; Sof. 3:10-11).
[32] Vedi anche E. Clowney, “The Final Temple,” WTJ 35 (1972) 185–86, che ha detto qualcosa di simile su II Cor. 6:16.
[33] Con somiglianza notevole, 4Q475 (4Q Renewed Earth) afferma che la terra diverrà Eden: dopo che tutto il peccato è stato estinto dalla terra “tutto il mondo sarà come Eden, e tutta … la terra sarà in pace per sempre, e … un figlio amato … la erediterà tutta”.
[34] Quanto a questo si noti che il “trono” di Dio è ora nel mezzo del popolo di Dio (22:1, 3), mentre in precedenza il “Santo dei Santi” (o, più specificamente l’Arca al suo interno) era lo “sgabello del trono celeste di Dio” e soltanto il Sommo Sacerdote poteva presentarsi dinanzi a quello “sgabello” (Is. 66:1; At. 7:49; cf. Sal. 99:5).
[35] L’edizione Martinez and Tigchelaar Hebrew-English supplisce alla lacuna correttamente con “sopra tutto” a motivo del seguente parallelismo con “sopra tutti gli angeli” [lett. “dèi”], benché nell’edizione inglese di Martinez non è stato fatto e si è data una traduzione diversa che non riflette altrettanto bene l’ebraico quanto quella successiva.
[36] Similmente, 4Q511 (Frammento 35) dice che “Dio fà alcuni santi per se stessi come un eterno santuario … e saranno sacerdoti …” (righe 3-4). In quanto tali il loro compito è “diffondere il timore di Dio nelle epoche” (riga 6).
[37] E.g. Lev. 26:12 e Ez. 37:27 in Ap. 21:3; Ezechiele 40–48 nella visione di Giovanni; I Re 6:20 in Ap. 21:16; Is. 54:11–12 in Ap. 21:19–20.
[38] Per un’ulteriore elaborazione di questo concetto, vedi K. Vanhoozer, Is There a Meaning in This Text? (Grand Rapids: Zondervan, 2001) e.g. 284–85, 291–92, 313–14, dove discute il concetto di “descrizione spessa”.
[39] Parafrasando Clowney, “Final Temple” 177.
[40] Alcune delle profezie sul tempio finale includono passaggi dove non si menziona alcuno stabilimento iniziale di un tempio architettonico ma è soltanto notata l’esistenza di un tempio finale (e.g. Dan. 8:11-13; 11:31).
[41] Se si scarta l’idea che la profezia dettagliata di Ezechiele 40-48 sia una predizione di un tempio architettonico, allora le altre profezie molto meno descrittive di solito poste in tale categoria perdono significato. Tuttavia C. L. Feinberg, “The Rebuilding of the Temple,” in Prophecy in the Making (ed. C. F. H. Henry; Carol Stream, IL: Creation House, 1971) 109, che vede Ezechiele 40-48 come un riferimento ad una struttura fisica e, a motivo dei suoi dettagli, come determinante nel definire le altre più brevi profezie sul tempio come anche riferentesi a strutture fisiche. Nel NT alcuni vedono II Tess. 2:4 come la profezia più chiara su un futuro edificio templare (in risposta a questo vedi la mia analisi nel libro cal cap. 8).
[42] Vedi il capitolo 11 del mio libro Temple and the Church’s Mission, dove elaboro sul significato di Ezechiele 40-48 e il suo uso in Ap. 21:1-22:5.