La Casa di Dio
Dio vuole salvare tutti i singoli individui?
Francesco De Lucia
Introduzione
Nella buona parte delle chiese evangeliche si sente spesso dire che Dio ama tutti i singoli individui della storia, che Dio ha inviato Gesù a pagare per i peccati di tutti gli uomini della storia, e che adesso vuole che tutti i singoli uomini esistenti siano salvati. Questa dottrina, da sempre molto popolare, viene spesso giustificata facendo appello a testi come Giovanni 3:16, I Giovanni 2:2; I Timoteo 2:4, II Pietro 3:9 ed altri, dove si parla del fatto che Dio ha amato “il mondo”, ha pagato per i peccati “di tutto il mondo”, vuole che “tutti siano salvati”, e che “nessuno perisca”. Ma è davvero questo quello che questi testi stanno dicendo?
Per chi è giunto a comprendere dalla Scrittura ed ha imparato ad amare ed apprezzare le cosiddette “dottrine della grazia sovrana”, che insegnano, in breve, che 1) Dio ha eletto dall’eternità un numero specifico di persone per sola Sua grazia 2) a ricevere i benefici efficaci dell’opera espiatoria ed efficace di Cristo, 3) che lo Spirito nel tempo applica irresistibilmente questi benefici agli eletti rigenerandoli 4) dalla loro totale morte spirituale alla vita eterna, 5) facendoli poi perseverare nella salvezza fino alla fine,[1] capire quei testi in modo anche solo potenzialmente universalistico non è l’opzione migliore e che faccia giustizia al testo biblico.
Propongo quindi una lettura di quei testi che non li metta in contrasto alle verità della grazia sovrana e particolare di Dio, e che allo stesso tempo faccia giustizia al loro contesto e al loro linguaggio. E questo, altra cosa molto importante, senza dover negare o negligere la reale responsabilità che la chiesa ha di evangelizzare, e che i non credenti hanno di ravvedersi e credere.
In questo articolo cercherò dunque di stabilire dalla Scrittura tre cose: 1) dimostrerò brevemente che in alcuni passaggi non sospetti le parole “tutti”, “tutto il mondo”, “il mondo” non significano “tutti i singoli individui della storia”, ma che comprese attentamente nel contesto esse possono significare e di fatto significano anche altro; 2) alla luce di questo primo gruppo di testi (e di altre considerazioni) spiegherò brevemente il significato di quei testi comunemente addotti come prova della visione pseudo-universalistica; 3) affermerò che per quanto ci riguarda siamo chiamati dal Signore a desiderare e cercare, per quanto è possibile, la salvezza del nostro prossimo mediante la predicazione del vangelo, in modo indistinto ed indiscriminato, e che tutti quelli che ascoltano hanno la reale responsabilità di ravvedersi e credere al Vangelo.
1. Il significato delle parole
“tutti”, “tutti gli uomini”, “mondo”, “tutto il mondo”
in alcuni passaggi non sospetti
a) “Tutti”, “tutti gli uomini”
Vi sono molti passaggi “non sospetti” nel Nuovo Testamento che parlano di “tutti” o “tutti gli uomini” che nessuno comprende in maniera universalistica. Andate ai seguenti passaggi e provate a sostituire alle parole “tutti” o “tutti gli uomini” l’espressione universalistica “tutti i singoli individui nella storia”, e vi accorgerete presto e facilmente che questo è ovviamente NON quello che questi versi intendono dire: Matteo 10:22; 12:23; 21:26; 27:25; Marco 1:37; 5:20; 7:14; Luca 3:15; 20:6; Giovanni 3:26; 8:2; 11:48; Atti 2:47; 19:19; 21:28; 22:15; Romani 16:19; Colossesi 1:28 (cf. anche Matteo 2:3; 3:5; 21:10; Marco 1:33).
Qual è dunque il significato delle parole “tutti” o “tutti gli uomini” in quei versi? Se non ci siete già arrivati da soli, vi suggerisco che essi parlano, a seconda del contesto, di un gruppo specifico e limitato di persone, di una gran parte di un gruppo specifico e limitato di persone, o di ogni tipo o genere di persone all’interno di un gruppo specifico e limitato. Provate a rileggere ognuno di quei versi con questo in mente e vedrete se non è proprio questo il loro ovvio significato. Abbiamo fin qui stabilito che le parole “tutti”, “tutti gli uomini” in questi versi non hanno un senso universalistico, ma un senso qualificato e limitato.
b) “Mondo”, “tutto il mondo”
Ora facciamo lo stesso esercizio, ma con un gruppo di versi che parlano di “mondo” o “tutto il mondo”. Sostituite a “mondo” il significato universalistico delle parole “ogni singolo individuo nella storia” e vedete se essi avranno senso: Luca 2:1; Giovanni 7:4; 12:19; Atti 17:6; 19:19; I Corinzi 11:32; Apocalisse 13:3. Spero vi siate resi conto che, come per il primo gruppo di versi, anche per questo secondo gruppo il significato NON può essere inteso in senso universalistico. Il significato di questi versi va inteso diversamente, similmente al primo gruppo di parole che abbiamo considerato.
Da ciò è lecito concludere che le parole “mondo” o “tutto il mondo” spesso indicano una quantità vasta di persone non specificata, oppure persone da ogni parte del mondo, senza implicare affatto che siano tutti i singoli individui della storia. Capiti così, questi versi avranno perfettamente senso. In fondo è quasi ovvio che questo sia il loro reale significato. Anche qui abbiamo stabilito che, come per “tutti” e “tutti gli uomini”, le parole “mondo” e “tutto il mondo” possono essere usate nella Scrittura con un significato qualificato e limitato, e non universalistico.
2. Cosa stanno dicendo Giovanni 3:16
ed altri passaggi apparentemente universalistici
Ora chiedietevi: se le parole “tutti”, “tutti gli uomini”, “mondo”, “tutto il mondo” significano ovviamente NON “tutti i singoli individui della storia” nei tanti passaggi finora citati, ma il loro significato naturale lì è quello di “persone da ogni parte del mondo” (o significato simile) perché dovrebbe risultarci strano che questo possa essere il significato anche di altri versi che parlano di “tutti”, “mondo” (etc.), come Giovanni 3:16, I Giovanni 2:2, I Timoteo 2:4, etc.?
Quello che sto dicendo è: 1) alla luce del significato del primo gruppo di versi nel primo paragrafo non si deve fare l’errore di dare per scontato che questo secondo gruppo versi parlino per forza di “tutti i singoli individui nella storia”, e 2) non sarebbe strano, biblicamente parlando, se questi versi stessero usando le parole “tutti” e “mondo” (etc.) per indicare proprio le medesime cose che quelle parole indicano altrove (nel contesto dei versi precedenti che abbiamo considerato). Se è così, i versi starebbero dicendo cosa? Consideriamoli uno per uno.
Giovanni 3:16: “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna”. Perché presupporre che questo verso indichi con “mondo” “tutti i singoli individui della storia?” Questo verso potrebbe benissimo essere interpretato così: “Dio ha tanto amato persone da ogni parte del mondo e della storia, che …” Questa interpretazione non è contraria a quanto la parola “mondo” significa in tutti quegli altri versi, e mantiene un certo tipo di universalità qualificata che ci permette di usarlo per predicare a tutti, senza necessariamente star dicendo che Dio ama tutti i singoli individui della storia. Io posso quindi dire: Dio ha amato persone da tutto il mondo, in ogni epoca storica, e in ogni area geografica, e in ogni cultura, e posizione sociale. E questo implica che chiunque crede, in ogni area geografica, contesto storico, sociale, etc., sarà salvato.[2]
L’unica cosa che questa lettura qualificata del verso contraddice non il testo stesso, ma un’idea, una teologia, che però non proviene necessariamente dalle parole stesse del verso stesso. Questa idea, o teologia, è che Dio debba necessariamente amare tutti i singoli individui della storia. Ripeto: le mere parole del verso non richiedono questa interpretazione. Linguisticamente, la parola “mondo” in questo verso potrebbe benissimo significare quello che essa signfica in tante altre parti del Nuovo Testamento stesso, avendo una legittima interpretazione alternativa a quella comunemente presunta in tante chiese odierne. Esso non deve necessariamente star dicendo o implicando che Dio ami tutti i singoli individui della storia. Questa idea non viene dal testo stesso, ma da una teologia esterna a questo testo stesso che bisognerebbe dimostrare da altri testi biblici.[3]
Faccio inoltre riflettere il lettore che c’è un “mondo” per cui Cristo non prega (Giov. 17:9) e che Egli giudicherà quando tornerà come giudicò il “mondo” al tempo di Noè (II Pt. 2:4ss, specialmente il verso 5). Chiaro che non può essere lo stesso “mondo” che invece ama (Gv. 3:16), che è quindi da intendersi come “i Suoi che sono nel mondo” (Gv. 13:1). “Mondo” è una parola che può avere significati diversi a seconda del contesto (cf. I Gv. 2:15-17), e non è una parola da intendere in modo assolutamente universalistico.
I Giovanni 2:2: “Cristo è la propiziazione dei nostri peccati. E non soltanto dei nostri ma anche di quelli di tutto il mondo”. Come per Giovanni 3:16, anche per questo testo è vero affermare che “tutto il mondo” non necessariamente deve significare “tutti i singoli individui della storia”. Non sono le parole stesse del testo a richiedere un tale significato. Esse potrebbero benissimo significare, come per il primo gruppo di testi in cui si parla di “tutto il mondo”, qualcosa come “persone da ogni parte del mondo e della storia”, o simili, senza implicare un’universalità assoluta. Quest’ultima deve essere piuttosto importata nel testo da una teologia preconcetta, e, ripeto, non è necessariamente il risultato di un’interpretazione accurata delle parole stesse del testo. Nel contesto immediato l’apostolo fa un contrasto tra “nostri” e “di tutto il mondo”, dove è possibile che la parola “nostri” stia ad indicare, in contrasto a “tutto il mondo”, il popolo Giudeo. Nello specifico, quindi, il verso starebbe dicendo che Cristo è la propiziazione non soltanto per i peccati di persone provenienti un popolo solo, ma da ogni popolo. Questa medesima idea si trova in Giovanni 11:51-52 e Apocalisse 5:9; 7:9.
Il testo quindi starebbe dicendo che Cristo ha propiziato Dio per i peccati di persone da ogni parte del mondo e della storia, ma non di tutti i singoli individui della storia. Dirò anche di più: il significato stesso della parola “propiziazione” di fatto necessariamente richiede un tale significato particolaristico. La parola “propiziazione” significa “rendere Dio favorevole nei confronti di qualcuno”. Nel contesto del sacrificio per il peccato, in cui questa parola era usata anche nell’Antico Testamento, essa indicava che l’ira di Dio era placata nei confronti di un peccatore a motivo del sacrificio sostitutivo compiuto per i peccati commessi da quel peccatore stesso. In questo modo la Sua ira e la Sua giustizia era soddisfatta perché Egli aveva punito i peccati del peccatore nella vittima sacrificale sostitutiva. In questo modo Egli poteva mostrarsi favorevole nei confronti del peccatore stesso. “Propiziazione” quindi implica una vera e propria sostituzione, ovvero “l’espiazione sostitutiva”, e comporta il fatto che quando essa è di fatto compiuta dalla vittima sacrificale, Dio è così una volta e per sempre favorevole nei confronti di colui o coloro per i quali la propiziazione è stata di fatto compiuta. Dunque: se Cristo avesse propiziato il Padre nei confronti di “tutti i singoli individui della storia” Dio non sarebbe più adirato contro nessuno degli uomini della storia ed in eterno, e quindi non manderebbe nessuno alla punizione eterna dell’inferno. Ma questo contraddice espliciti passaggi che parlano chiaramente di tale punizione eterna. La sola conclusione possibile che rispetta il significato di “propiziazione” (e quello di “espiazione”) è una conclusione non universalistica. Questo conferma quindi il significato di “tutto il mondo” che abbiamo suggerito sopra.
Altri passaggi che confermano quanto di cui sopra sono Giovanni 1:29 (“toglie il peccato del mondo”); II Corinzi 5:19 (“non imputando agli uomini le loro trasgressioni”). Se Cristo “toglie il peccato” di “tutti i singoli individui della storia” ma poi alcuni di quei “singoli” andranno comunque a pagare all’inferno per i loro peccati, allora il sacrificio di Cristo non “toglie” davvero i peccati, ma fa cosa, li “toglie potenzialmente”? Non stiamo così annullando il significato stesso dell’espiazione e le parole stesse del testo? Così anche per II Corinzi 5:19: “Non imputando agli uomini le loro trasgressioni”: se significa “non imputando a tutti i singoli individui della storia le loro trasgressioni” vorrà dire che nessuno al Giudizio avrà i suoi peccati imputati perché essi erano già stati imputati a Cristo, giusto? Ma sappiamo che molti andranno a pagare all’inferno per sempre i loro peccati. Essi quindi non furono imputati a Cristo. A meno che non vogliamo affermare che Cristo fu considerato colpevole dei peccati, punito per quei peccati, che Dio fu soddisfatto, placato, propiziato, ma che poi quei peccati saranno comunque imputati a quelli che andranno all’inferno, saranno ripagati da loro, che l’espiazione fu quindi vana (fu quindi un’espiazione o no?), e che Dio non fu propiziato perché si adirerà con loro in eterno (quindi fu propiziato o non fu propiziato?)! Come si vede, intendere questi passaggi in senso assolutamente universalistico è altrettanto assurdo quanto per il primo gruppo di versi. L’ulteriore aggravante però è che questa interpretazione inoltre renderebbe vani i concetti stessi di “espiazione” e “propiziazione”, concetti centrali al Vangelo stesso di Cristo. Un errore quest’ultimo, che, se fatto coscientemente, non è affatto di poco conto!
I Timoteo 2:4: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”. Molti dicono che “tutti gli uomini” significa “tutti i singoli individui della storia”. Io dico che, di nuovo, questa idea non viene necessariamente dal testo stesso. Come abbiamo detto sopra, “tutti gli uomini” in tante parti della Scrittura significa “ogni tipo di persone”, o “un numero grande di persone all’interno di un gruppo”, o cose simili. Perché non qui? Anzi, io dico che questo significato fa giustizia al contesto stesso. Vediamo.
1) I versi precedenti comandano di pregare per “tutti gli uomini, per i re e quanti sono in autorità, perché Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati …”. L’affermazione “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati” spiega quello che viene prima (è preceduta da “perché”): ovvero che dobbiamo pregare per “tutti gli uomini, per i re e quanti sono in autorità”. E’ in totale conformità al significato che “tutti gli uomini” ha in tanti altri contesti e in questo contesto capire “tutti gli uomini” qui come “Dio vuole che si preghi per ogni tipo di persona, per ogni classe sociale, anche quelli in autorità”, perché? Perché “vuole salvare anche loro, anche quelli in autorità, vuole salvare ogni tipo di uomo, uomini in ogni classe sociale”. Un significato simile si trova in Tito 2:11, dove viene affermato che la grazia di Dio è salvifica per “tutti gli uomini”, che nel contesto immediato precedente (Tito 2:1-10) è un’espressione che fa riferimento a diverse categorie di età, sesso e condizione sociale.
2) Il verso dice che gli stessi “tutti gli uomini” che Dio vuole salvare Dio vuole anche che “conoscano la verità”. Domanda: Dio voleva che gli Aztechi vissuti migliaia di chilometri lontani da Cristo e vari secoli prima di Cristo conoscessero la verità? Mandò loro la verità del vangelo così che potessero conoscerla? Ovviamente no. Dunque il testo non significa “tutti i singoli individui della storia”, ma è anzi perfettamente conforme al significato che quell’espressione abbiamo visto ha in tante altre parti del Nuovo Testamento.
II Pietro 3:9: “Dio è paziente verso di voi, non volendo che nessuno perisca ma che tutti giungano al ravvedimento”. Di nuovo: il contesto è chiave! Grammaticalmente, le parole “non volendo” sono connesse al fatto che Dio è paziente. Verso chi Dio è paziente in questo verso? Verso “di voi”, che, letteralmente sono chiamati “gli eletti” a cui Pietro si rivolge al capitolo 1 verso 1. Essi sono il gruppo dei credenti, la chiesa, gli eletti a cui l’apostolo si rivolge. Quindi, seguendo il testo, è corretto dire che Dio è paziente verso i suoi eletti, perché non vuole che alcuno di loro perisca. Questo è letteralmente quello che il testo inteso nel suo contesto sta dicendo.
Il medesimo concetto è espresso in parole diverse in Giovanni 6:39: Dio non vuole che alcuno perisca e si perda di quelli che ha dato al Figlio. Nel testo di Pietro, inoltre, le stesse persone che Dio non vuole che periscano, Egli vuole anche che giungano al ravvedimento. Allora adesso chiediamo: Dio vuole che tutti gli esseri umani giungano al ravvedimento? Se è così, allora Egli vorrebbe concederlo a tutti, perché anche il ravvedimento è un Suo dono, ma noi siamo chiamati ad essere mansueti con gli oppositori e a pregare e sperare che Dio conceda loro il ravvedimento (II Tim. 2:25). Se è già un dato di fatto scontato che Dio vuole concederlo a tutti i singoli, perché pregare e sperare che lo conceda a qualcuno in particolare? Sarebbe superfluo sperare che qualcosa sia concesso a qualcuno in particolare se sapessimo che Dio vuole dare questo qualcosa a tutti, no?
Un’altra considerazione: se Dio fosse paziente e stesse aspettando che tutti i singoli individui giungano al ravvedimento perché vuole che tutti i singoli siano salvati, allora Egli aspetterebbe per sempre, e non ritornerebbe mai a giudicare il mondo, perché gli uomini continuerebbero a riprodursi e Dio continuerebbe a volere che tutti essi siano salvati. Il ciclo sarebbe interminato. Il passaggio invece è posto proprio nel contesto del “ritardo” del Signore nel venire a giudicare il mondo con giustizia. Questo “ritardo” è dovuto al fatto che Lui sta aspettando che tutti i Suoi eletti nascano e siano salvati mediante la conoscenza della verità, e il ravvedimento. Se si trattasse di tutti i singoli individui il Signore aspetterebbe per sempre, in quanto gli esseri umani continuerebbero a moltiplicarsi, a nascere e morire per sempre, e Lui aspetterebbe per sempre! Un significato ovviamente assurdo, ma a cui siamo condotti se adottiamo l’interpretazione popolare, solo apparentemente ovvia e biblica.
II Cor. 5:14: “ infatti l’amore di Cristo ci costringe, perché siamo giunti a questa conclusione: che uno solo morì per tutti, quindi tutti morirono”. E’ da notare che nell’originale greco in cui è stata scritta questa epistola, davanti alla parola “tutti” c’è l’articolo “i”. Invito i lettori a leggere 2 Corinzi 5:14,15 ponendo l’articolo “i” davanti alla parola “tutti” presente 3 volte in questi due versi. Questo articolo determinativo quindi circoscrive quei “tutti”, di nuovo, come un gruppo ben preciso. Essi sono coloro che sono in Cristo (v. 17), e per cui non c’è più nessuna condanna (Romani 8:1) perché Cristo si è di fatto sostituito nella morte, nel giudizio e nella condanna per tutti loro, e Dio verso loro tutti è placato, perché ha realmente giudicato e punito un altro al posto loro. E’ di nuovo un “tutti” da qualificare, come abbiamo visto in tante altre Scritture.
Ebrei 2:9: “affinché gustasse la morte per tutti”. Vediamo a chi si riferisce la parola “tutti”. Io posso parlare di 10 persone, e dire: ho pagato io per “tutti”. Significa forse che ho pagato per ogni essere umano vivente? No, ma la parola “tutti” in questo caso è riferita a un numero preciso di persone, nel mio caso 10, vero?
Facciamo un altro esempio, questa volta biblico. In Isaia 53:4-11 è detto che Cristo ha portato le “nostre” malattie, i “nostri” dolori, le “nostre” trasgressioni, che è stato stroncato a causa delle “nostre” iniquità, che il castigo per cui “noi” abbiamo pace è caduto su di Lui, che “noi tutti” , eravamo smarriti come pecore, che il Signore ha fatto ricadere l’iniquità “di noi tutti” su di Lui. Chi sono quei “noi tutti”? Sono tutte le singole persone di tutto il mondo di ogni epoca? No, sono quelli di cui si parla al verso 8 dello stesso capitolo (si legga): è detto che Cristo è stato colpito a causa dei peccati “del Suo popolo”. Quale popolo? Il popolo formato da Ebrei e Gentili che Dio si è scelto sia tra in Gentili (Atti 15:13), e sia tra i Giudei (Romani 9:24, Romani 11:1-5, Galati 3:28, Efesini 2:14), il popolo per cui Gesù è venuto e che ha di fatto salvato(Mat. 1:21)! Ma ritorniamo a Isaia 53, voglio far notare un’altra cosa: quei “noi tutti” di cui si parlava al verso 6, sono gli stessi di cui si parla al verso 8, abbiamo visto che sono il Suo popolo, ma sono anche gli stessi di cui si parla al verso 11, “i molti”. Come vedete essi sono un numero determinato di persone, e parlando di essi, si può dire che Cristo ha pagato l’iniquità di “loro tutti”. Se essi parlassero in prima persona direbbero come dice la Parola al verso 6: Cristo ha pagato per noi tutti, non per qualcuno in meno né in più, ma per tutti essi (Giovanni 6).
Lo stesso in Ebrei 2:9. Al verso 10 è detto che quei “tutti” sono “molti figli” che Cristo ha condotto alla gloria, si legga il verso. Essi sono i fratelli, i figli che Dio ha dato (Giovanni 6) a Cristo (v. 11-13). Essi sono coloro per cui Cristo è morto, di cui ha portato i peccati. Si legga Ebrei 9:28: dice che Cristo è stato offerto una volta sola per portare i peccati di molti, e lo stesso dice Gesù Cristo Stesso in Matteo 20:28. Essi sono gli eletti, quelli che Dio ha dato a Cristo, la Chiesa, le pecore, i figli della promessa fatta da Dio ad Abraamo, gli eredi. Essi sono coloro con cui Dio ha stabilito il patto nel sangue dell’Agnello, sono quei tutti che lo conosceranno, e di cui avrà misericordia delle loro iniquità, e di cui non si ricorderà più dei loro peccati (Ebrei 8:11,12), perché Cristo ha dato la Sua vita per loro, come prezzo di riscatto per loro, e una volta che il prezzo è stato pagato, essi sono stati comprati, acquistati di fatto (Atti 20:28). Essi sono stati redenti, salvati, riscattati, una volta per sempre.
I Timoteo 4:10: “il Dio vivente è il Salvatore di tutti gli uomini e specialmente dei credenti”. Qui la parola “salvatore” è probabilmente da intendersi in senso provvidenziale, e non salvifico. Il verso sta quindi dicendo che Dio esercita la sua influenza e cura provvidenziale su tutti gli uomini, e in particolare ha il Suo occhio di provvidenza sui credenti. Questa interpretazione è a mio avviso la migliore delle possibili perché è coerente col contesto del capitolo 4 verso 1 e seguenti, dove si parla del fatto che ogni cosa che Dio ha creata è buona e viene data agli uomini come Suo dono, e che è da non rifiutarsi come sbagliata o peccaminosa se ricevuta con ringraziamento e preghiera. Si parla di cura provvidenziale. Inoltre il contesto parla anche del fatto che i credenti che ricercano la pietà hanno la promessa non solo della vita futura, ma anche di quella presente (v.8), ovvero viene loro promesso che Dio si prenderà cura di loro anche in questa vita, come Egli sappiamo si prende cura in questo senso di tutti gli uomini, dando loro cose buone (cf. Atti 14:16-17; 17:24-25; Matteo 5:45). Un’altra possibile, ma a mio avviso meno probabile, interpretazione, è che il verso stia dicendo che Dio è il Salvatore di “ogni tipo” di uomo, e specialmente di chi è credente.
Se invece il verso non viene inteso in uno di questi due ultimi sensi, ma in senso salvifico ed universale, il verso starebbe insegnando l’universalismo, perché esso non dice che Dio è il potenziale Salvatore di tutti i singoli, ma che poi questa salvezza deve essere appropriata dai credenti. Esso sta dicendo che Dio è di fatto il salvatore, e specialmente (è, di nuovo, di fatto) il salvatore dei credenti (e cosa significherebbe questo “specialmente” se è già di fatto il salvatore di tutti i singoli?). Quindi: o salva di fatto tutti i singoli (universalismo, che molti evangelici rigettano a motivo della testimonianza chiara della Scrittura contro questa falsa dottrina), o salva di fatto ogni tipo di uomini (interpretazione possibile, ma non probabile), o salva in senso che si cura provvidenzialmente in qualche misura di tutti i singoli, e specialmente di quelli che credono (l'interpretazione che credo abbia maggior senso nel contesto).
3. La nostra chiamata a desiderare e cercare
la salvezza di tutti indistintamente
e la loro reale responsabilità di ravvedersi e credere
Per quanto ci riguarda, dal nostro punto di vista umano e sempre limitato, noi siamo chiamati ad amare il nostro prossimo indistintamente e come noi stessi. Questo include non soltanto fare bene e perfino in cambio di male, ma significa soprattutto il cercare la sua salvezza. Noi non siamo Dio, e non conosciamo le cose segrete di Dio (Deut. 29:29; Gv. 21:21-23; At. 1:7). Questo include i Suoi piani sul voler salvare chi, quando, dove, e come. Noi non conosciamo chi siano gli eletti, le Sue pecore, e per quanto ci riguarda essi potrebbero essere chiunque, a partire dal nostro più prossimo vicino, e includendo le persone che noi riteniamo più “improbabili” (Mt. 21:31; I Tim. 1:15-16).
Questo richiede da parte nostra molta umiltà. Dio ha voluto che la salvezza dei Suoi eletti avvenisse mediante il coinvolgimento della reale responsabilità degli uomini: la responsabilità di chi deve darsi da fare per pregare, testimoniare e predicare, e la responsabilità di chi deve essere pronto a ricevere, ravvedersi, credere e obbedire al vangelo. Vediamo più specificamente.
a) La reale responsabilità di te che porti il messaggio
A chi fa già parte del Suo popolo, il Signore comanda di desiderare, cercare, pregare per la salvezza del prossimo. E di portare a lui il messaggio del vangelo, accompagnato da una buona testimonianza di vita che lo supporti. La chiesa è chiamata a desiderare e pregare ed agire per la salvezza dei non credenti, dando loro una buona testimonianza con fatti e con parole che onori e raccomandi e predichi il vangelo (leggi Mat. 5:16; At. 2:40; 7:60; Rom. 9:1-3; 10:1; 11:13-14; I Cor. 9:22, 10:33; Tito 2:10; I Pt. 2:12; Gd. 22-23).
Questo ci insegna qualcosa su chi è Dio e come vuole operare. Benché Egli potesse fare “tutto da solo” per così dire, Dio è un Dio che vuole “immischiarsi” con gli affari umani, che Si compiace di “cooperare” con gli uomini, coinvolgendoli nella Sua stessa opera. Questo è quanto viene espresso dall’apostolo (“siamo cooperatori di Dio”, I Corinzi 3:5-9). Questo avviene perché Lui vuole “condividere” Se Stesso con chi è Sua immagine, e vuole farci partecipare in qualche modo a Se Stesso (II Pt. 1:4). E’ questo uno dei fini stessi della salvezza, quello di farci diventare Suoi figli, parte della Sua famiglia, che vivono della Sua vita ed operano la Sua opera insieme con Lui.
Questo avviene anche perché il Signore vuole che noi Lo imitiamo, e diventiamo in qualche modo come Lui, nell’amare chi non è amabile, e nel fare del bene a chi ci fa del male, proprio come Lui (Mat. 5:43-48). Ha dunque un proposito pedagogico, istruttivo. Il Padre nostro ci insegna a diventare come Lui, imitandolo, e in questo caso ad amare e fare del bene a chi non lo merita e non ne è degno. Perché questo accade si deve passare attraverso varie difficoltà e sofferenze, perché è solo così che impareremo davvero ad amare “nonostante”, e quindi ad amare davvero, e così ad essere come Lui. Un processo difficile, lento, ma che produce tanto frutto alla gloria di Dio!
Un’altra ragione per cui siamo chiamati ad amare “nonostante” e a desiderare la salvezza di tutti quelli che ci capitano a tiro è che questo ci aiuterà a ricordare la nostra limitatezza, la nostra dipendenza da Dio, e in ultima analisi ci insegna l’umiltà. Non conoscendo tutto, e non sapendo chi Dio vuole e chi Dio non vuole salvare ci insegna a non insuperbirci. Per quanto ci riguarda, perfino il peggiore e il più fastidioso dei nostri vicini e prossimi, potrebbe essere quello che Dio vuole salvare. Questo ci aiuta anche a ricordare e imparare sempre di più per esperienza chi è salvato è salvato per sovrana grazia e per misericordia, e non perché è stato mai “un po’ migliore” di qualcun altro (Tito 3:1-7).
Non solo, ma spesso è con il nostro sforzarci di esercitare e sviluppare la bontà, la pazienza, e l’amore che Lui ha messo dentro di noi che il Signore ci porta a dare a quella persona una buona testimonianza di vita, e che raccomanderà, così, la veridicità del messaggio che portiamo. Tutto questo quindi accade anche per la nostra santificazione. Le vie del Signore sono infinitamente sagge.
b) La reale responsabilità di te che ricevi il messaggio
Chi d’altra parte si trova dal lato del ricevere il messaggio ha anche delle responsabilità reali e definite. La responsabilità di ravvedersi e credere (leggi Mar. 1:15; Giov. 3:18, 36; 6:29; 8:24; 19:35; 20:31; At. 2:38; 3:19; 17:30; 26:20, Rm. 10:3-4, 16; II Tess. 1:8; I Pietro 4:7, etc.), gradualmente mostrare un frutto di cambiamento ed ubbidienza in nuova vita, perseverando fino alla fine (leggi Mat. 3:8; 24:12-13; Rm. 6:1-14; Ef. 4:17-24; Ti. 2:1-14; II Pt. 1:3-11; 3:18; Fil. 1:6, 2:12; etc.). Nessuno può scusarsi dicendo: se non sono eletto non importa, non sarò comunque salvato, quindi perché darmi noia e dolori nel provare a ravvedermi e a credere? No, un tale atteggiamento presuntuoso è inescusabile. Nessuno può sapere di essere un eletto o meno cercando di capire i decreti di Dio. Questo sarebbe un volersi elevare al livello di Dio, che è una follia assoluta. Dio non ha rivelato a nessuno questa cosa, ma vuole che gli esseri umani si comportino da creature create da Lui, limitate e responsabili nei Suoi confronti.
Dio ti ha creato e un giorno ti chiederà conto di quello che hai voluto e scelto di fare con la tua vita, le tue scelte, le tue credenze, le tue decisioni. Tu hai una reale volontà, e capacità di decidere. E dentro di te c’è come un tribunale in base al quale devi dare conto a Dio nell’ultimo giorno. Tu ti senti responsabile perché hai una volontà che puoi esercitare e perché sei di fatto responsabile! Sei una creatura dotata di intelletto e con una capacità decisionale, e Dio ti tratterà come tale. Prendi questa cosa seriamente, e smetti di cercare di capire i decreti e le vie inscrutabili di Dio, perché Dio è in cielo e tu sei in terra, Lui è infinito e tu sei finito. Comportati per chi tu sei, perché Dio ti tratterà per chi tu sei!
Dunque: se oggi odi la Sua voce nel Vangelo, non indurire il tuo cuore, ma ravvediti, credi (Ebr. 3:7-4:13)! E questo vale per te, che sei già in Lui. Non presumere di poter fare quello che ti pare, perché ormai “sai di essere eletto”, e quindi … ! Non “peccare così che abbondi la grazia” (Rm. 6:1ss.)! Anzi, temi (Rm. 11:20-22)! Dio va prima di tutto temuto, e poi amato e ubbidito, perché Dio è un fuoco consumante (Ebr. 12:28-29). Non presumere di poterti beffare di Lui, e non pensare di poter fare quello che Lui dice che non puoi fare e comunque scamparla. Temi, e continua nella fede e nell’ubbidienza della fede. Sì, anche il giusto cade sette volte (Prov. 24:16), e Dio ti perdona settanta volte sette (Mt. 18:21-22; 6:12), ma attento a non essere presuntuoso davanti a Dio, perché di Lui non ti puoi beffare e quello che hai seminato quello pure mieterai (Galati 6:7; cf. Rom. 8:12-13).
Gli eletti li conosce Lui, non tu. Se tu crederai e ti ravvedrai, potrai credere di essere uno di quelli. Ma prima di elevarti a tali altezze divine, guarda bene quali sono i tuoi bisogni nelle tue bassezze e miserie umane. Bada bene, che ci sono molti motivi che hanno a che fare con il cuore, le decisioni e le responsabilità dell’uomo per cui una persona non crede e rigetta il Vangelo, e per quanto ti riguarda tu sei chiamato ad assicurarti che nessuno di essi ti riguardi.[4]
Tu hai bisogno di essere perdonato di tutti i tuoi peccati di cui un giorno renderai di certo conto, e il tuo bisogno di essere lavato nel sangue espiatorio di Cristo, l’agnello che toglie i peccati del mondo, Colui che è stato dato per i peccati di tutto il mondo! Per quanto ti riguarda, potresti essere uno di quelli inclusi in quel “mondo”, e il solo modo che hai per scoprirlo è prendere seriamente questo messaggio. Dio vuole così.
Dunque, ascoltami: "Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati. Difatti la Scrittura dice: «Chiunque crede in lui, non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli lo stesso Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato" (Romani. 10:9-13)!
Note
[1] Per uno studio approfondito di queste dottrine vedi questo articolo.
[2] Un altro errore molto comune nel leggere questo verso è quello di capire, “Chiunque crede” come “chiunque può/è in grado di credere”. Secondo questa lettura, Dio starebbe offrendo la salvezza a tutti i singoli indiscriminatamente, perché tutti potrebbero credere. Il verso però non parla della possibilità o capacità che gli individui hanno o non hanno di credere. Il verso afferma semplicemente un fatto: chiunque crede sarà salvato. Se una persona abbia o meno la capacità di credere è un argomento la cui risposta va cercata in altri passaggi scritturali che parlano della totale incapacità umana di esercitare la fede, del fatto che anche la fede è in fondo un dono di Dio, e che Egli fa questo dono a chi Egli vuole e non indiscriminatamente (vedi articolo sulle dottrine della grazia).
[3] Ed io contendo che tali testi non esistono!
[4] Orgoglio e invidia: Mat. 3:9; Gv. 8:33; At. 13:45; 17:5; Mat. 11:25; Gv. 9:39-41; Rom. 1: 21, 22; 1 Cor. 1:19-21; Credersi giusti: Mar. 2:16; Lu. 7:39; 18:10-14; Rom. 10:3; Amare più di Dio: la lode degli uomini, Gv. 5:44; 12:43; il mondo, 2 Tim. 4:10; Gm. 4:4; 1 Gv. 2:15; il denaro, Mar. 10:17-24; Lu. 16:13, 14; 1 Tim. 6:9, 10; Le preoccupazioni terrene, Matt. 13:7-22; Lu. 10:40; Il timore degli uomini, Gv. 7:13; 9:22; 12:42; Gli interessi mondani, Mar. 5:16, 17; Gv. 11:48; Mettere la propria famiglia prima del Regno di Cristo, Lu. 9:59-62; Rifiutarsi di credere quello che non si capisce, Gv. 3:9; 6:52-60; At. 17:32; 1 Cor. 2:14; Non voler che i propri peccati siano manifestati, Gv. 3:19-20; Non volersi sottomettere all’autorità di Dio, Lu. 19:14; 20:9-18; Avere pregiudizi contro il predicatore, Mat. 12:24; 13:57; Gv. 1:46; 6:42; 7:52; 9:29; Cecità spirituale, Mat. 13:15; 1 Cor. 2:14; Infedeltà contro la luce ricevuta, Gv. 12:36; Rimandare ad un altro momento più conveniente, At. 24:25; Scuse frivole, Lu. 14:18; Mancanza di convinzione profonda, Mat. 13:5; 22:5; Mancanza di serietà, Lu. 13:24; Negligere la Scrittura, Lu. 24:25; Gv. 5:39; 7:27; At. 17:11-12; Non rendersi conto di opportunità speciali, Lu. 19:44; Desiderare segni speciali come condizione per credere, Mat. 12:38, 39; 16:1-4; Gv. 6:30; 1 Cor. 1:22; Amare le tradizioni più della Parola di Dio, Mat. 15:9; Mar. 2:23-28; Essere insinceri, Mat. 15:7-8; 21:25-31; At. 24:26; Avere uno spirito di contraddizione, Mat. 22:15-40; Avere un’attitudine di lamentela, Mat. 25:24; Non desiderare Dio, Gv. 5:42; Rom. 1:28; Odio di Dio e di Cristo, Gv. 15:22-25; Odio della verità, At. 7:51-54; 2 Tess. 2:10-12; 2 Tim. 4:3; Essere sotto il potere del diavolo, Mat. 13:4-19; Gv. 8:44; 2 Cor. 4:3, 4.